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Fiume Enza. Perché non rilanciare il tema di una diga?

24 Giugno 2013 1.720 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Si è svolto sabato a Montechiarugolo un convegno promosso dalle Federazioni del Psi di Reggio e Parma sul tema dell’acqua dell’Enza. Si tratta del secondo convegno, dopo quello organizzato a Vetto nel maggio del 1991, che si aprì con una mia relazione sulla compatibilità ambientale della Diga di Vetto. Allora si era all’indomani di due decisioni importanti. Innanzitutto l’accordo tra gli enti di bonifica e gli enti locali sull’uso plurimo e non solo irriguo delle acque, poi il parziale finanziamento Fio accordato per l’opera, che ammontava complessivamente a 127 miliardi di lire. Venne fatta la cosiddetta Via, valutazione d’impatto ambientale, che in un primo  tempo escluse il cosiddetto “taglione” che iniziò ad essere costruito. Poi, su iniziativa della Regione,  il taglione venne invece incluso e finì per essere bloccato. Si parlò si diga con sempre maggior distacco e prevenzione, si narrarono storielle anche simpatiche circa l’esistenza di fantomatiche lontre. Fatto sta che negli anni successivi il progetto venne deposto nel cassetto e poi definitivamente in soffitta. Nessuno però lo sostituì con altro progetto per aumentare l’offerta di acqua, visto che, secondo il piano delle acque elaborato da enti locali e regione, il fabbisogno inevaso per l’agricoltura, per usi civili e industriali ammonta oggi a circa 15-20 milioni di litri l’anno. E questo anche in relazione alla necessità di evitare eccessivi prelievi dal fiume e, dunque, pesanti e durature secche con evidenti danni alla fauna e alla flora, e dalle falde che rischiano pericolosi inquinamenti. Teniamo anche presente che il torrente Crostolo, che il piano della Regione valuta addirittura come non più recuperabile, necessita di acqua e il protocollo d’intesa firmato dal Comune dovrebbe, ma il condizionale è d’obbligo, assicurargliela dal canale di Secchia. È stato pesante il danno economico subito da quella lontra. Ben 5 milioni di euro sono stati gettati nell’immondezzaio. E oggi il bisogno di acqua si fa più impellente. Credo che una riflessione debba ricominciare. Si apra subito un confronto tra le forze politiche, economiche, ambientali sul tema del fabbisogno dell’acqua in questo bacino. Non si vuole la diga? Si dica con chiarezza in quali modi si deve far fronte a un’emergenza che non è solo economica, ma anche ambientale. Si ritiene che col solo risparmio si possano soddisfare le esigenze non solo agricole, civili e industriali, ma anche dei fiumi e delle falde? Il comune di Reggio è oggi all’avanguardia nel risparmio. Registra solo il 10 per cento di perdite nette delle rete acquedottistica. E anche una diminuzione dell’uso pro capite annuo di acqua. Si deve procedere tutti in questa direzione. Ma sarà sufficiente? O dovremo ripensare ad interventi per la captazione e derivazione delle acque? In questo caso si dovrà scegliere tra piccoli invasi o un unico invaso e in quest’ultimo caso tra il ritorno alla diga di Vetto o a quello forse meno invasivo e certo meno costoso di una diga in località Le Gazze che i tecnici ritengono più realistica. Si può riprendere la discussione senza anatemi, scomuniche, assurde e contraddittorie prevenzioni? Io penso che sia oggi necessario.

Mauro Del Bue

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