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Papa e pepe

10 Luglio 2013 1.019 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Non potevano cadere nel vuoto le parole di Francesco. Ci hanno pensato alcuni autorevoli esponenti del Pdl e della Lega a precisare, a rettificare, a controbattere. Si sono messi contro il Papa che fa il Papa e si schiera dalla parte degli umili. Che altro avrebbe dovuto dire Francesco a Lampedusa? Che non sentiva pietà per i morti, riprovazione per i trafficanti di uomini, solidarietà per chi cerca rifugio e un po’ di benessere da noi, biasimo per chi si sente senza responsabilità e senza colpa? Fabrizio Cicchitto ha voluto precisare che un conto sono le prediche e altro conto le leggi. È vero. Ma anche le leggi devono tenere conto delle prediche se queste ultime sono ispirate a sentimenti e valori condivisibili. Insisto su questo punto. Non credo all’accoglienza indiscriminata non perché non sarebbe giusto accogliere da noi chiunque chieda aiuto, asilo, rifugio dall’imperante miseria e dal rischio della morte. Sarebbe giusto perché noi non siamo proprietari del nostro benessere. Siamo nati in un luogo per caso. Non abbiamo il diritto di sfruttarne le risorse negandole ad altri. Tuttavia un’accoglienza senza selezione porta a due gravi conseguenze. La prima è costituita da un’incontrollabile reazione della popolazione residente e la seconda dalla mancata soluzione dei problemi di chi ci chiede aiuto. È soprattutto questa seconda conseguenza che ci affida il dovere della selezione in base alle disponibilità di lavoro e di assistenza. Se non vogliamo che l’esodo si trasformi, prima, in un viaggio senza approdo e poi in un approdo senza speranza è giusto selezionare, verificare in base alle nostre necessità e alle esigenze altrui, distinguere dunque tra immigrati regolari e clandestini. E non trattare questi ultimi come delinquenti, ma accoglierli, sfamarli, dissetarli, accudirli, distinguendo chi tra loro corre rischi a tornare in patria e chi no. Dunque accogliere sempre chi chiede asilo politico. Quello che stupisce poco è invece la sparata del leghista Boso, non nuovo a stupidaggini e anche a gravissime boutades al limite del penale. Costui arriva addirittura a proporre una sorta di soluzione finale. E si augura che qualcuno affondi i barconi che peraltro corrono il rischio di affondare da soli. Anche il suo capo Bossi l’aveva sparata grossa qualche anno fa evocando un “bum, bum”, più apparentemente innocuo. La verità è che politicamente Francesco ha colpito al cuore la cultura leghista. Quella dell’egoismo territoriale, della proprietà del benessere, dell’anti solidarietà da bocciofila fuori porta. Il pepe della sua predica ha fatto centro.

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