Il Natale dell’Avanti e di papa Francesco
Chissà perché si scelse proprio il giorno di Natale per pubblicare il primo numero dell’Avanti. Doveva esserci un duplice significato. Quello della nascita, in un certo senso santa, del primo quotidiano dei lavoratori italiani, anche se il primissimo fu Il Punto nero, che uscì nei primi mesi del 1894 a Reggio Emilia e venne subito chiuso per difficoltà economiche e per il sopraggiungere della repressione crispina. Il Punto nero parafrasava una frase che circolava negli ambienti governativi dell’epoca secondo la quale Reggio era appunto il punto nero, in realtà rosso, dell’Italia liberale.
Il secondo motivo della scelta del Natale, non può sfuggire, era la singolare analogia tra il messaggio socialista e quello cristiano che nel Natale del 1897, cioè l’anno dopo l’inizio dell’avventura dell’Avanti, venne così solennemente celebrato dalla Predica di Camillo Prampolini. La Predica prampoliniana altro non era che il racconto di un socialista che aspettava i fedeli dinanzi alla Chiesa il giorno di Natale e li esortava ad essere cristiani nei comportamenti e non solo nella liturgia, dunque di stare dalla parte degli oppressi, dei poveri, dei diseredati, come aveva fatto Cristo, e di lottare perché la giustizia trionfasse in questo mondo. Solo in questo distinguendosi parzialmente dal messaggio religioso che l’aspettava nell’Aldilà. Pensate che quella predica venne stampata dal giornale La Giustizia, che per l’occasione si improvvisò anche casa editrice, e venduta nell’ordine delle decine di migliaia di copie. Tutti allora la reclamavano e venne ristampata diverse volte. Un successo editoriale e politico senza precedenti con l’autore che naturalmente mai rivendicò i suoi diritti.
Il discorso di oggi di Papa Francesco si colloca davvero nella stessa direzione. Non trovo stonato neppure l’accenno ai nascituri i cui diritti la Chiesa afferma giustamente di voler difendere, spero non a detrimento della vita dei già nati. Il resto del discorso di Francesco è in sostanziale coerenza con la nostra tradizione e coi nostri valori. La compassione, o condivisone del dolore, degli altri, è ancora al centro delle sue preoccupazioni. L’idea che il mondo è uno, e che nessuno può evitare di pensare a coloro che stanno peggio, si prospetta addirittura come l’affermazione di una sorta di internazionalismo cristiano. L’odio per le guerre, per i massacri di bambini, per i conflitti che attraversano il mondo dalla Nigeria al Sudan, alla Siria e all’Iraq, è l’esempio di una forte sensibilità verso una difesa della vita oggi quanto mai smarrita. Guarda all’Africa, Francesco, e al Medio Oriente.
Ma la parte più affascinante del discorso è quella relativa alla tenerezza invocata a gran voce in un mondo che oggi conosce solo lacrime. Le lacrime per i tanti bambini uccisi, da gravi malattie come l’Ebola, dal sottosviluppo, e da stragi come quella recente in Pakistan. La levata di scudi a difesa dei bimbi, cioè degli esseri più innocenti, è un grido. La strage di Peshawar è ancora troppo recente. E nel grido di dolore di Francesco c’è non solo il sentimento del miliardo e duecento milioni di cattolici ma quello dell’umanità tutta. Francesco soffre per tutti, non solo per i cristiani. Che Francesco voglia infatti proseguire nel dialogo interreligioso è fuori dubbio. Solo nella religione dell’umanità sembra volerci indicare la prospettiva di una grande condivisione di speranza e di pace. E, per dirla con Prampolini, di giustizia.
Mi chiamo Manoleto, l’ho letta con così tanta attenzione che è come l’avessi ascoltata Direttore Del Bue, io credo però che mai come oggi abbiamo bisogno di fare un passo indietro per trovare lo slancio verso un vero futuro, e la strada passa attraverso un nuovo socialismo praticato e non annunciato, o peggio, strumentalizzato! M.
Non per nulla tra chi studia la filosofia della religione si dichiara che uno dei primi “socialisti” fu Gesù Cristo, proprio per quello che predicava e per come si comportava.
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