Spezzeranno le reni alla Grecia?
Il ciclone Tsipras, dopo aver vinto le elezioni, e costruito un governo con l’apporto fondamentale di un movimento di destra, deve ora fare i conti con la realtà. Come la ministra Boschi, che sostiene che la legge elettorale italiana deve essere come quella greca e sancire un vincitore e non si accorge che in Grecia si è costituto un governo di coalizione. La realtà spesso non combacia con le intenzioni e se ne sono resi conto anche gli italiani. Tsipras, in particolare, aveva fatto promesse la cui attuazione non dipendeva da lui. E adesso la situazione sta precipitando. È evidente che si ti hanno già condonato cento miliardi e te ne hanno prestati ben 200 i paesi dell’eurozona (l’Italia è creditrice per quaranta miliardi) a fronte di un rischio default che non dipendeva dalla troika, ma da un bilancio che arrivava al 12 per cento di deficit sul Pil, anziché al sei come era stato ufficializzato, qualche problema c’è.
La prima botta è arrivata dalla Bce che si è rifiutata di accettare titoli pubblici ellenici a garanzia del prestito a fronte della pubblica rinuncia a procedere con il programma di salvataggio concordato. Poi Standard e Poors ha di nuovo tagliato il rating della Grecia con prospettive negative e con l’ipotesi di una sua uscita dall’euro. Intanto la borsa greca ha perso ieri un altro due per cento e lo spreed è volato addirittura a 940. È evidente che Tsipras così non ce la farà e se non riesce a raggiungere qualche forma di compromesso tra le sue mirabolanti promesse e le intenzioni della Ue, non ci salterà fuori. Magari si aprirà presto uno scenario nuovo e quello che il leader greco per ora esclude, e cioè l’uscita dall’euro, diverrà realtà. Altrimenti la Grecia andrà incontro a nuovi e ben più pericolosi incantatori di serpenti.
La questione greca sarà all’ordine del giorno il prossimo mercoledì, quando si incontrerà in via straordinaria l’Eurogruppo, il club dei ministri delle finanze dell’eurozona. Il governo greco sarà chiamato a formulare una proposta concreta e accettabile. È evidente che solo uscendo dalla opposta rigidità si potrà individuare un punto d’intesa che pare adesso molto difficile. Parto da un duplice presupposto. Il primo è che i debiti vanno onorati. Che paesi come l’Italia che si sono esposti comprando titoli greci e devono fare i conti con problemi gravi di mancata crescita e di disoccupazione soprattutto giovanile, non possano affrontare i propri cittadini spiegando che per salvare la Grecia devono sacrificare l’Italia. Dall’altro non si può pensare che la Grecia sia portata alla fame e che resti, affamata e ridotta sul lastrico, in Europa.
Le misure anticrisi e i tagli sono necessari, ma serve la crescita. Su un punto Tsipras ha ragione. Cioè che con l’austerità peggiorano anche i conti pubblici. Ne sappiamo qualcosa anche noi italiani. Anche la Grecia ha bisogno di crescere e applicando rigorosamente solo tagli alla spesa e senza incentivi allo sviluppo il suo bilancio è destinato a peggiorare sempre. Possibile che solo ora in Europa se ne siano accorti? Eppure è matematico, oltre che kennesyano. Senza sviluppo non solo si accentuano i problemi sociali, ma si diminuiscono le entrate e si accresce il debito che è sempre calcolato in rapporto al Pil. È come dire che due più due fa quattro. Dunque la Grecia proceda nella sua via di risanamento e di riforme, programmi magari a scadenze più lunghe il ritorno dai debiti, ma abbia la possibilità di crescere. Già una volta chi tentò di spezzare le reni alla Grecia fu deluso. Dovettero arrivare i rinforzi per non fargli fare una pessima figura. Loro hanno qualche marcia in più. Chissà magari li sostiene l’idea di essere stati fondatori della nostra civiltà. E non hanno torto. Ma non è che per questo gli altri paesi debbano pagare a suon di bigliettoni un debito di riconoscenza.
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