Intervento sul decreto FIORONI
Signor Presidente,
sollecitato dall’implicita richiesta dei deputati presenti, sarò breve, limitandomi a richiamare le due ragioni che mi impediscono di accordare un voto favorevole alla conversione in legge di questo decreto, presentato dal Ministro della pubblica istruzione.
La prima ragione è di carattere metodologico. Si insiste ad affrontare la questione della politica scolastica con interventi parziali, settoriali, frammentari. Si è iniziato con il decreto sugli esami di Stato, per introdurre ancora una volta i commissari esterni nelle commissioni di esame. Si è continuato con interventi parziali all’interno di decreti, quali il Bersani-bis e il Bersani-ter. Si prosegue in questi giorni con due decreti omnibus, uno dei quali è all’approvazione dell’Assemblea.
Credo sarebbe giusto, invece, che il Parlamento potesse esaminare, con un dibattito di carattere generale, una proposta di riforma della scuola all’interno della quale il Ministro ci sottoponesse le sue idee di politica scolastica, che potrebbero anche essere opposte o radicalmente diverse da quelle del precedente Ministro Moratti ma che potrebbero consentirci di intervenire sulle linee generali di orientamento della proposta ministeriale. Così, invece, siamo costretti a inseguire i singoli argomenti oppure una somma di questioni contenute in un singolo decreto-legge.
Dal momento che molto spesso apprendiamo la politica ministeriale dai giornali, sarebbe interessante conoscere, ad esempio, se vale ancora quella «trilogia» che in qualche misura è stata sottoposta all’attenzione di noi tutti e che animava il dibattito sulla pubblica istruzione fino a qualche anno fa – vale a dire: inglese, Internet e italiano -, o se invece non si abbia (e a me pare che sia così) l’intenzione di far regredire l’istituzione scolastica ad una sorta di passato stile anni Cinquanta.
Si parla, infatti, di reintrodurre gli esami di riparazione; si è prevista la presenza dei commissari esterni agli esami di Stato; si polemizza implicitamente con le nuove tecnologie e si sottolinea il valore delle tabelline. Vorrei, dunque, sapere se esiste una politica di riforma della scuola che ci porta verso il futuro o se, invece, esiste una proposta di riforma dell’istituzione scolastica che ci riporta al passato.
Sono convinto del fatto che nella scuola sono importanti lo studio della lingua straniera e il dominio delle nuove tecnologie, in particolare, del computer e di Internet e che i ragazzi non possono imparare l’uso di tali strumenti, spesso micidiali, da soli, senza qualcuno che li guidi, perché anche le nuove tecnologie possono rappresentare un rischio e una deformazione.
Ritengo, inoltre, che sia importante insistere soprattutto sulla diffusione della conoscenza della lingua italiana; basta con i quiz all’interno delle scuole! È necessario che i ragazzi imparino a scrivere i temi, a parlare in italiano, a scrivere le lettere senza farsi suggestionare dalla nuova terminologia degli SMS o delle e-mail. In questo senso dobbiamo poter conciliare l’uso della lingua italiana con il dominio delle nuove tecnologie.
Signor Viceministro,
per risolvere tali problemi bisognerebbe affrontare un discorso di carattere generale sul modo con il quale il Ministero intende riformare la scuola italiana, sui principi generali e sugli orientamenti di fondo attorno ai quali vuole inserire un percorso di riforma. Purtroppo non ci è consentito, e questa è la prima ragione della mia obiezione a una politica fatta per decreti-legge, per interventi omnibus e a comparti separati.
Vi è anche una seconda ragione, di merito, che mi induce a guardare con una certa diffidenza al decreto-legge in esame.
Viceministro Bastico, ho apprezzato la sua presenza continua in aula e la delicatezza delle sue proposte, però, non posso non ribadire la mia personale perplessità rispetto alle norme che riguardano i provvedimenti disciplinari. Il mio voto a favore di una delle proposte emendative presentate dal collega Schietroma sta a testimoniare come la sensibilità verso la libertà dell’insegnamento possa non essere tutelata da norme che, generiche come sono, possono determinare un arbitrio per quanto riguarda la libertà d’insegnamento dei docenti, nonché da provvedimenti disciplinari che vengono adottati solo da una persona (il dirigente scolastico provinciale), e che possono essere revocati soltanto da un’altra persona (il dirigente scolastico regionale).
In questo senso mi pare che il provvedimento contenga un vulnus che, a mio giudizio, andava – come è stato – individuato e che, ribadisco, insieme ad una valutazione di carattere generale sulla metodologia d’impatto parlamentare del nuovo Ministero, mi impedisce di esprimere un voto favorevole.
4 ottobre 2007