Bilancio della Camera
Sig. presidente,
desidero innanzitutto ringraziare il collegio dei questori per il lavoro svolto, anche con riferimento alla presentazione del bilancio consuntivo del 2006 e preventivo del 2007. Mi pare opportuno sottolineare la necessità di diffondere i veri costi del nostro ramo del Parlamento e in particolare dei deputati, anche raffrontandoli con quelli degli altri Paesi (leggo che ad esempio in Francia e in Germania, se li sommiamo ai servizi forniti, i costi non sono dissimili). Invito dunque i questori ad un’opera, che fino ad ancora è mancata, di intervento pubblico per consentire ai lettori di individuare i veri costi e non quelli pubblicizzati ad arte. Credo sia giusto anche distinguere. Distinguere tra i costi della Camera dei deputati e quelli più complessivi della politica. Negli ultimi quindici anni si sono sgonfiati i partiti politici tradizionali e il costo della politica è stato interamente riversato sulle istituzioni. Sindaci, assessori, presidenti di enti, consiglieri, che un tempo erano quasi interamente sulle spalle dei partiti politici oggi sono interamente pagati da Comuni e Province. E questo con stipendi decisi da apposite leggi, mentre consiglieri e assessori regionali hanno stipendi decisi autonomamente dai Consigli regionali, alcuni addirittura più alti di quelli dei parlamentari. Occorrerebbe un tavolo comune per individuare un tragitto teso al possibile taglio di spese e dei privilegi. Chiarire, distinguere, dunque, ma anche procedere subito a qualche modifica che ci riguarda. Prendo atto con favore che il collegio dei questori ha già formulato una proposta tesa al contenimento dei vitalizi dei parlamentari. Su questo occorre essere chiari anche con la pubblica opinione. I deputati non percepiscono una pensione, ma un vitalizio pagato attraverso un contratto di tipo privatistico, firmato ad inizio mandato. Ogni mutamento deve tenere presente i vincoli contrattuali esistenti. Quello che si doveva cambiare per i nuovi parlamentari è stato cambiato già a partire dal 1997, quando si è alzato il tetto dell’età limite per il vitalizio con una sola legislatura da 60 a 65 anni, con analogo lievitare a cascata per tutti gli altri. Oggi si propone di bloccare i vitalizi al 60% de limite massimo, di bloccare i riscatti, che venivano usati per coloro che vedevano interrotta la legislatura, di fissare più stringenti criteri di incompatibilità tra vitalizio e contributi in enti e società pubbliche o parapubbliche. Credo di questo si debba dare atto ai questori.
Ma, cari colleghi, noi dobbiamo rispondere al clima di antipolitica che è diffuso nel Paese in ben altro modo. Non possiamo, non dobbiamo dare l’impressione di scendere sullo stesso terreno di chi ci vuole processare, col risultato di attribuire oggettivamente a colui che ci ha messo sul banco degli imputati il merito dei nostri cambiamenti. Dobbiamo andare più in profondità e sapere che in Italia, come ha scritto Luciano Cafagna, quando esplode una questione morale alle spalle c’è sempre un questione sociale. Per questo ritengo che occorra innanzitutto rilanciare la politica, la buona politica, quella che si occupa dei problemi della gente, non quella che si occupa solo di sé. E dare risposte ai giovani che tanto popolano questo spezzone di Paese che gremisce la piazze vocianti. Porre al primo posto del nostro impegno la questione giovanile, che è riequilibrio di risorse del welfare, ingente trasferimento di impegni di spesa tra le generazioni. La flex security di cui parla il programma di Oporto del Pse. Inutile girarci attorno. Per fare questo bisogna intervenire esattamente in senso opposto a quello prospettato da Pecoraro Scanio e dalla sinistra comunista. Altro che tandem Grillo-Pecoraro. E poi bisogna produrre novità istituzionali, fare la grande riforma della quale si parla ormai da quasi trent’anni e che non ha mai fatto partire la Seconda Repubblica, ma rotolare una fase senza sbocco di perdurante e marcescente crisi della Prima.
Sig. presidente, egregi colleghi,
ero in quest’Aula nella legislatura 1992-94, quella attraversata dall’avvento di Tangentopoli. Un’intera classe dirigente si arrese a mani alzate di fronte all’affondo della magistratura sul finanziamento illecito. Anche allora c’era chi voleva fare la parte del più puro, spesso aggredendo la presunta impurità altrui, qualche volta approfittando politicamente di coloro che venivano sottoposti a processi. Tanti atteggiamenti ipocriti che rischiano di ripetersi oggi inducono al paragone. Vedo troppi ordini del giorno moralisti sul bilancio preventivo della Camera (l’abolizione del ristorante e dei barbieri mi sembra anche comica) e qualche affondo, da quello di Fassino sui duecento euro dell’aumento dei deputati da congelare (era già stato congelato a gennaio), a quello di Forza Italia e di An sul risparmio di 15 milioni di euro abolendo sic et simpliciter i piccoli gruppi autorizzati in deroga lo scorso anno, come se il pluralismo non fosse una ricchezza, ma solo un costo economico. Attenzione a lisciare il pelo. Soprattutto quando il pelo confina con i denti. Anche perchè proprio coloro che nel 1994 urlavano contro la vecchia politica hanno poi fondato un sistema che è a sua volta oggi sul banco degli imputati. Chi ha voluto il maggioritario, chi ha abolito le preferenze che oggi si vogliono resuscitare, chi ha preferito ai professionisti della politica espressioni della cosiddetta società civile? Il dipietrismo, con l’appoggio dei referendum, per me chiaramente incostituzionali, di Mario Segni. E adesso Di Pietro cavalca la nuova tigre Grillo. Dovrebbe essere lui, semmai, il principale bersaglio della nuova sollevazione. Paradossi italiani di un Paese che rischia di passare dalla commedia alla farsa. Un tempo la classe politica almeno si arrese alla magistratura, adesso rischia di arrendersi a un comico. E poi, attenzione. Tredici anni fa vennero colpiti dall’indignazione dell’opinione, pubblica anche a seguito delle indagini giudiziarie, i partiti di governo. Oggi no. Oggi tutti sono colpiti, senza distinzione. Anche perchè, colleghi, non c’è nessuno dei partiti qui presenti che negli ultimi tre anni non sia stato al governo. Dunque nessuno può vantare una rendita di verginità di uno stato d’opposizione permanente come invece avvenne nel biennio giudiziario degli anni novanta. Così oggi il gioco allo scavalco moralista risulta anche abbastanza ridicolo. Semmai se c’è qualcuno che può chiedere il conto son proprio quelle forze che in questi anni non hanno giocato un ruolo da protagonista, e che negli anni novanta scomparvero praticamente dalla scena. Solo gli spettatori possono giudicare gli attori. Non gli attori stessi.
Concludo con un’osservazione sul comportamento di Forza Italia e di An. Costoro hanno condizionato il loro voto favorevole al bilancio redatto dall’on Colucci di Forza Italia assieme ai due rappresentanti di maggioranza, all’eliminazione dei gruppi in deroga, tra i quali quella a cui appartiene tuttora chi vi parla. Si tratta di un atteggiamento grave e l’ho già sottolineato nel corso del mio intervento in dibattito generale. Dare l’impressione di Golia che si mangia Davide credo non sia nemmeno popolare. Non so chi abbia ispirato questa posizione. Forse non un politico di professione, ma un nuovo politico espressione delle società civile. Cioè un esponente di questa nuova politica in crisi. Bè, non credo si sia trattato proprio di una gran bella idea.
20 settembre 2007