La storia della Reggiana dal 1919 ad oggi. Tutti gli articoli pubblicati dalla Gazzetta di Reggio
Gli anni venti
Nel 1919 nasce la Reggiana e nel 1924 viene promossa in serie A
La guerra si era portata via seimila giovani reggiani e anche alcuni calciatori del Reggio e della Juventus, le due squadre che si erano disputate la supremazia calcistica in città. Il Reggio giocava nel campo della Badia, in viale Risorgimento, la Juventus nei prati del Mirabello. Era l’ora dell’unità e Juventus e Reggio si unificarono, poi si unì anche l’Audax, altra squadra reggiana, e nel settembre del 1919 nacque, su pressione del giovane Severino Taddei, l’Associazione del calcio Reggiana che si iscrive al campionato di promozione (terza serie, attuale Legapro). La sede della società venne ubicata al caffè Europa, nell’attuale piazza Prampolini. Primo presidente fu il conte Giuseppe Cassoli. Il campo scelto fu quello del Mirabello e la maglia quella della Juventus, nera con bordi bianchi (quella del Reggio, granata, diverrà la maglia ufficiale della Reggiana solo dal campionato successivo). In campionato la Reggiana incontrò Piacenza, Parma, Spal, Audax Bologna e si classificò terza. Si giocava col metodo e con due soli difensori più un centromediano metodista che era Boiardi, papà di Franco, futuro deputato. Anche se terza, dietro al Piacenza e al Parma, la Reggiana fu ammessa alla serie superiore (attuale serie B). Si cantava “Addio mia bella signora”, mentre a Reggio arrivò un signore, o meglio un trainer, come si diceva allora. Era l’austriaco Karl Sturmer. Dicono che Sturmer togliesse una scarpa in allenamento a un giocatore debole a tirare con l’altro piede. Masochista? In porta il giovane Agazzani, nonno dell’attuale presidente della Reggiana Alessandro Barilli. Più che della Reggiana, però, si parlava delle Reggiane (le officine) che erano occupate dai lavoratori assieme a molte fabbriche italiane e si respirava un clima da guerra civile. La Reggiana finì penultima dietro Modena, Parma, Piacenza e davanti al solo Carpi. Ma d’estate ecco l’italo argentino Felice Romano che aveva giocato nel Torino e che sarà l’unico calciatore della Reggiana a vestire contemporaneamente la maglia granata e quella azzurra della nazionale. Si dice per mille lire, ma senza casettina in periferia … Ma la Reggiana si salva solo allo spareggio di Ferrara contro la Mantovana. Romano segnò il gol decisivo al 146esimo minuto di supplementari, con benedizioni e saluto … Romano. L’anno successivo, il 1922-23, si apre col governo Mussolini e con una giunta fascista anche a Reggio. La Reggiana disputa un buon campionato. Romano si sposta all’attacco, Agazzani è militare a Roma e gioca nella Lazio, sostituito da Tarabusi. Alla fine siamo quarti, dietro Viareggio, Libertas Firenze e Prato. E’la vigilia della grande ascesa. Il campionato 1923-24 è quello della promozione nella massima categoria. Il nuovo presidente Vittorino Palazzi fa le cose in grande. Arrivano l’ala destra Sereno, il mediano Bezzecchi, il centravanti genovese Michelin, l’ala sinistra Rasia. Nel 1923 venne pubblicato il giornale sportivo “Il Mirabello”, diretto da Demo Braghiroli. Durerà fino al 1928. Nel giugno del 1924, quando Giacomo Matteotti risulta ancora rapito, ma in realtà era già stato ucciso, da Reggio partì un treno di tifosi (il primo) in occasione della trasferta di Mantova, finita 1 a 1, ma segnata da gravi incidenti tra i tifosi. Alla fine la Reggiana dovette affrontare uno spareggio contro l’Olimpia di Fiume che si disputò a Padova il 27 luglio del 1924 e i nostri eroi prevalsero per 2 a 0 (gol di Romano e Rasia). E ad agosto approdano a Reggio due austriaci, raccomandati da Sturmer, che era intanto finito al Torino: l’attaccante Anton Powolny e l’ala sinistra Jacob Huber. Venticinquenne il primo, solo diciassettenne il secondo, che a Reggio restò assai poco perché la sua famiglia gli ordinò di tornare a Vienna dopo le botte prese a Torino. Lui rimase a Reggio per altre due gare (con l’Hellas Verona la Reggiana vinse per 6 a 2 e con la grande Inter per 4 a 2). Poi lo zio, quel maledetto zio, di Huber arriva personalmente a Reggio, preleva il nipote, lo caccia sul vagone del treno e se lo porta a Vienna come se fosse un pacco. Si seppe più tardi che il povero Huber morì per un tumore nel 1928. Il sogno era finito. La Reggiana, il giorno dei morti, perse il derby col Modena in un Mirabello gremito da seimila persone, coi tifosi modenesi che inviavano un piccione viaggiatore ogni gol segnato. Finì 4 a 1 per i cugini d’Oltre Secchia e il nostro Sereno venne squalificato fino a San Silvestro per aver morsicato l’orecchia di un canarino. Un Sanchez d’antan … La Reggiana alla fine conquistò la salvezza. Nel secondo campionato di massima divisione (1925-26) i granata non evitarono la retrocessione nonostante l’arrivo a Reggio dell’ungherese Milos Hajos, centromediano di classe, e dell’ala sinistra Povero. Si ritorna in serie B (Prima divisione) e siamo tutti vivi, anche senza Romano, Powolny e Hajos. Con uno Stefano Aigotti goleador e un portiere e allenatore come il cecoslovacco Vilmos Zsigsmond travolgiamo tutti. Si ritorna in Divisione nazionale (serie A), ma stavolta senza soldi. Aigotti è prelevato dal Milan (sarà l’unico giocatore che segnerà, in un derby, tre gol all’Inter), Zsigsmond se ne va e arriva il portiere della Spal Valeriani. Alla fine sarebbe serie B. Poi la Federazione decide di bloccare le retrocessioni e la serie inferiore è rinvita solo di un anno. Si ritorna così in serie B e siamo proprio nel 1929, anno di crisi per il mondo, nero per l’Italia e nero anche per i colori granata. Mentre Wall Street crolla e tutto il mondo va in tilt crolla anche la Reggiana che, in due anni, cade dalla A alla C e gli anni trenta saranno un inferno (meno però degli anni duemila), perché i granata, crollati con la borsa americana nel 1929, torneranno in alto solo con l’esplosione della seconda guerra mondiale, nel giugno del 1940. Chissà perché i nostri legavano le loro sorti sportive a quelle del mondo…
Gli anni trenta
Gli anni neri, fino alla promozione e alla guerra del 1940
Anni bui, anni neri. Come il regime che mette tutti in divisa. Il partito si impossessa anche della Reggiana alla cui presidenza si alternano i gerarchi locali. Regolo Ferretti, che sarà nel secondo dopoguerra segretario della compagine granata, ne diventa commissario unico e allenatore, dopo la retrocessione in serie C del 1930, ove l’unico spiraglio di luce era stato proprio Montanari, di nome Raggio. Si riprende così dalla terza categoria mentre in Italia tutti cantano la canzone “Solo per te Lucia” e “Nerone” del grande Petrolini diventa il tormentone del momento. Da poco a Milano era morto Camillo Prampolini, nella più completa solitudine. A Reggio le imprese granata sono commentate da Giber, il primo vero giornalista sportivo, che scrive su “Il Solco fascista”. Il vecio Bezzecchi gioca terzino al posto di Vighi, militare, mentre dalla Romagna arriva a Reggio il nuovo portiere. E’ Aroldo Corazza, proveniente dal Castelbolognese, e sarà il guardiano granata della prima metà degli anni trenta. Ma la vera rivelazione è il giovanissimo Alcide Violi, detto Cèna (piccolino). Segnerà 11 gol, meno di Raggio (20). Alla fine del torneo la Reggiana è ammessa al girone finale. Deve incontrare Comense, Pavia e Spal. Lo schiaffo a Como è durissimo (7 a 0) e a poco servono i pareggi con Pavia e Spal. Per la B si può attendere. Nell’estate del 1931, mentre Learco Guerra trionfa al campionato del mondo ciclismo, la Reggiana si rifà il trucco. Da Bagnolo arriva la stirpe dei Campari: Milo, Socrate e Nellusco. Manca solo il quarto fratello, Lanfranco, abbandonato senza pietà oltre Massenzatico. La famiglia Campari anticipa la famiglia Benelli, per ora rappresentata dal solo Arturo (arriveranno anche Gino e Carlo). Al centro della mediana si afferma Vivaldo Fornaciari, unico nero reggiano doc. Carnagione scura per via di antichi geni bracciantili, che si prese il nome di Zanzù, emiliana traduzione di Jean Joup, pugile nero che nel 1930 aveva combattuto a Reggio. Il campionato non è esaltante. Alla fine siamo solo quarti (alle finali vanno le prime due: Forlì e Pavia). Non molto meglio va il campionato 1932-33, che si disputa con la stessa formazione, e dove debutta il giovane correggese Quirino Montanari, detto Pierino. I tifosi, però, si mobilitano: il mille vanno a Carpi, in trecento a Bologna (si gioca anche contro il Bologna B). Siamo solo secondi e alle finali stavolta ne va una sola (la Spal). Malefica coincidenza. Per puntare in alto serve qualcosa in più. E nell’estate del 1933 ecco tornare a Reggio il grande Stefano Aigotti (detto Piombo), già calciatore del Milan, del Legnano e del Livorno. Che musica con Violi e anche col Carro di Tespi che mette in scena al Mirabello “Bohème” e “Trovatore”. Mentre l’Italia di Pozzo vince il mondiale a Roma, la Reggiana si qualifica per le finali che perde dopo una cinquina clamorosa subita a Savona e in B vola il Catania. Obiettivo solo rinviato di un anno? Così si pensa, anche perché la Reggiana si rafforza ancora nell’estate del 1934. In porta si alterna con Corazza il reggiano Piero Ferrari (Piròn) che sarà al Bologna e giocherà anche in nazionale. Poi arriva dal Sassuolo la forte ala destra Zironi (giocherà in A col Modena). Sembra fatta. Piombo e Cèna segnano caterve di gol e abbiamo anche un allenatore straniero. E’ il danubiano Mora Maurer. Alle finali si arriva pari al Siena ed è indispensabile un spareggio. Lo si gioca a Pistoia, vicino a Siena e lontano da Reggio. Pistoia è invasa da senesi che fanno un tifo d’inferno, condizionano l’arbitro (che sbatte fuori tre dei nostri) e siamo sommersi da sette gol. A fine partita ci fanno pure il funerale. Niente paura. Si riprende dal 1935-36 senza Aigotti, senza Violi, senza Corazza, senza Milo Campari. Arrivano giocatori dalla Romagna: Ballerini, Ballardini, Scaccini, poi il lungo centravanti Gaddoni. Il campionato è interessante, ma le finali le sfioriamo soltanto. Poi l’anonimo campionato 1936-37 coi nuovi Susmel, Lionard, Lanzone, Fornasaris. E’ il più deludente del tornei granata degli anni trenta ed è meglio soprassedere. Siamo solo settimi. Si riparte dal 1937-38 con una formazione imbottita di giovani (il portiere Ferrazzi, i due terzini Bonfanti e Bernacchi, il reggiano Carlo Benelli). Ritorna il guastallese Casanova, con i più attempati Valenti e De Stefanis. Nella terzultima partita , quella col Lecco al Mirabello, Zanzù Fornaciari perde la testa e, forse per rinverdire il suo soprannome di pugile, prende a pugni l’arbitro. Sarà squalificato a vita, ma verrà amnistiato dopo la vittoria ai mondiali francesi del 1938 e tornerà nel 1940. Siamo solo terzi e non basta per l’accesso alle finali. Poi il campionato successivo, quello del 1938-39, mentre in Europa già spirano venti di guerra. Il nuovo presidente Giovanni Marzi fa le cose in grande. A Reggio arrivano giocatori importanti: Mazzoni, mezzala di esperienza, già al Modena in serie A, il terzino Gatti, l’ala destra Schaffer, il mediano Malagoli (detto Scheggia). Sembra fatta. Ci qualifichiamo per le finali e alla fine si perviene alla scontro decisivo col Brescia all’ultima giornata con due risultati a favore. Il Mirabello esplode di pubblico. Ma qui succede il finimondo. Il bresciano Gei ci impallina nel secondo tempo. Si canta “Saran belli gli occhi neri, saran belli gli occhi blu, ma le gambe , ma le gambe, sono belle anche di più”. Ma che gambe questo Gei deve avere per gettare in rete una palla così indemoniata. Così irrispettosa per i nostri colori. Indispettiti, puntiamo sul quaranta. Esplode la guerra in Europa. Si deve morire per Danzica? Mussolini nicchia. Intanto attendiamo intonando “Maramao perché sei morto”. Di lì a poco moriranno milioni di esseri umani. Ma noi pensiamo anche al calcio e la Reggiana si affida al Veneto. Da questa regione arrivano il centromediano Bernardi, la mezzala Romanini, il centravanti Maran, l’ala sinistra Biagini, dal Livorno il ferrarese Duo. E soprattutto da Bagnolo, come i Campari, sembra l’ora del portiere Satiro Lusetti (Gatto magico) che si alterna col reggiano Vasirani. E’ un anno tragico, ma è l’anno buono. A Natale giochiamo il quinto turno di Coppa Italia in un Mirabello imbottito di 8mila persone-sardine contro il Genoa (che il regime aveva ribattezzato Genova 1893). Al novantesimo siamo ancora pari (1 a 1) e sono necessari i supplementari. Noi cediamo solo alla fine, dieci contro undici, in una gara eroica. Ed eroici sono i nostri in finale. Il 12 giugno il Taranto ci lascia le penne (3 a 1) al Mirabello. Due giorni prima il discorso del duce diffuso in tutte le piazze aveva aperto le ostilità italiane. Poi la vittoria col Savona per 2 a 0 del 7 luglio ci regala la grande festa. Quelli che il mese prima intonavano “Guerra”, come nell’Aida di Verdi, cambieranno idea. Torniamo in B dopo dieci anni. Sembrava un record. E invece…
Gli anni quaranta
Si gioca anche sotto le bombe. Nel primo dopoguerra è serie B
Dopo la promozione in B, conquistata proprio in quel giugno del 1940 quando Mussolini aprì le ostilità belliche dell’Italia, la Reggiana inizia i suoi campionati di guerra. Il primo, quello del 1940-41, si apre con la conferma del blocco della promozione e dell’allenatore Vanicek, con i soli innesti di Bianchi, Bonesini, Bandini e più tardi di Violi, ritornato all’ovile, e di Tortora. Tra i pali è ancora alternanza tra Lusetti e Vasirani, poi Duo e Milo Campari (o Gatti), in mediana Malagoli, Bernardi e Testoni. E davanti, con le nuove tre B richiamate, anche una quarta, Biagini, con Romanini. Il Mirabello si rifà il trucco. Dal Polisportivo (ippodromo e altro) in località campovolo, ove nasce un aeroporto di guerra, si trasporta la tribuna in legno. E cinquemila reggiani assistono alle prime vittoriose partite contro l’Anconitana, il Padova e il Savona (ripescato). Poi annunciamo l’attacco alla Grecia, dichiarando che le spezzeremo le reni, e noi incappiamo in pareggi e sconfitte (anche in Grecia siamo salvati dai tedeschi). Col Modena al Mirabello ci sono 8mila persone e finisce 3 a 3. A fine campionato è salvezza, mentre la Germania inizia l’operazione Barbarossa invadendo l’Urss. Campionato sospeso nel 1941? Macché. Si decide di giocare ancora. Ma la guerra non doveva durare solo pochi mesi? La Reggiana perde Scheggia Malagoli, ma anche Bianchi e Bonesini, torna Colaussi, parente del più noto nazionale, e nell’estate viene anche composto il primo inno granata. Dopo un inizio accettabile la Reggiana comincia a perdere. Via Vanicek, nuovo allenatore è proprio Bernardi che cede al reggiano Livio Spaggiari (sarà a lungo presidente del Consorzio delle cooperative) il posto in squadra. Torna anche Raggio Montanari, ma gioca poco. Poi, dopo la sberla con la Fiumana salta anche Bernardi e arriva, fresco di scrivania, Willam Ruozzi. Gino Bondavalli, che aveva conquistato la corona dei pesi gallo in piazza San Prospero, la difende alle Reggiane nella domenica in cui la Reggiana perde con lo Spezia e retrocede in serie C. Anche i nostri sono in Russia stretti dal gelo, mentre “Il Solco fascista” pubblica centinaia di avvisi mortuari di soldati reggiani. Nel 1942-43 la Reggiana, guidata da Mazzoni, è in serie C e gioca anche contro il Mossine Guastalla. Tra i nostri bene Zecca e Marmiroli, molti però devono partire per la guerra che volge al peggio. In luglio crolla il fascismo, l’Italia è in mano ai tedeschi e a gennaio Reggio è distrutta dalle bombe alleate che seminano duecentosettanta morti e centinaia di feriti. I reggiani fuggono verso località di campagna. Vuoi pensare al calcio? Sì, perché per distrarsi si inventa anche un campionato Alta Italia che appare beffardo inganno di fronte alla tragedia. Noi giochiamo al Mirabello contro il Mantova a un mese dalla strage e con la tribuna bombardata. Intanto due personaggi del mondo granata perdono la vita. Il vecchio dirigente Pietro Pietranera, per mano di un gruppo di partigiani che lo ammazzano in casa davanti alla moglie al figlio, poi l’ex portiere Giuseppe Baldi che viene fucilato dinnanzi al Mirabello da un plotone di partigiani perché aveva trattenuto soldi della Resistenza. La Liberazione ci riporta al calcio. E anche a una nuova dirigenza. E’ quella del giovane Carlo Visconti, varesino di nascita, reggiano d’adozione, poi seguito dall’imprenditore Gino Lari. Giorgio Degola li raggiungerà solo nel 1952. La Reggiana si presenta ai nastri di partenza del torneo misto C-B ancora con Vasirani, Milo Campari, Panciroli, Testoni, Livio Spaggiari, Alvigini, Violi, Ganassi. Arriva anche il centravanti Losi. Ci qualifichiamo per la B e disputiamo anche il torneo che dà diritto alla promozione in A, dove approda l’Alessandria. Il 31 marzo del 1946 sbanchiamo il Tardini di Parma con due gol di Panciroli. Nel campionato 1946-47, dopo aver conquistato la Repubblica, costruito la nuova tribuna in cemento al Mirabello e alzato in legno le gradinate di fronte, conquistiamo un’onorevole salvezza in B, con il reggiano Martinelli tra i pali, Lucchese e Giaroli terzini, Panciroli, Salvioli e Benelli in mediana e Peruzzo (o Foglio) con Ganassi, Borri, Marmiroli e Mantovani davanti. Poi il torneo 1947-48 (Visconti e Lari si dimettono e Dall’Aglio è commissario), dove, grazie ai gol di Suozzi, conquistiamo quinto posto e B unica, mentre il Fronte di Nenni e Togliatti perde le elezioni. Togliatti è vittima di un attentato e Bartali vince il Tour e dicono raffreddi la rivoluzione. Si canta “Amore baciami”, ma non è dedicata a Ginetaccio che batte tutti “coi francesi che s’incazzano”. La Reggiana vende Giaroli al Palermo, Suozzi al Pescara e arrivano i mantovani Beghi e Forlani, dal Piacenza il portiere reggiano Paolo Manfredini, poi, dal Milan, anche il grande ex Arcari IV, che sostituirà anche Piero Ferrari in panchina. Si punta in alto e invece si raggiunge una stentata salvezza, poco dopo la tragedia di Superga, dove trova la morte la squadra del Grande Torino, vincitore di cinque scudetti consecutivi. Fausto Coppi trionfa al Giro e al Tour e anche i reggiani si dividono non solo tra comunisti e democristiani, ma anche tra coppiani e bartaliani. Ancora più stentata è la salvezza del campionato 1949-50. Tra i nostri l’ala destra Baruzzi, il centravanti Scagliarini, il centromediano montecchiese Titti Montanari, l’ala sinistra Dal Bon. Il 16 ottobre 1949 nel derby col Modena (finito 0 a 0) il Mirabello è denso di 14mila persone strette come sardine in scatola in un impianto che al massimo ne poteva contenere ottomila. Dopo avere vinto a Catania e a Taranto, nel novembre del 1949, i nostri eroi vengono accolti con la banda alla stazione e ricevuti dal sindaco Cesare Campioli. Il Mirabello è anche squalificato per incidenti e col Napoli parte un treno con mille tifosi alla volta del neutro di Cremona dove la Reggiana impatta per 2 a 2 col Napoli. Alla fine è salvezza miracolosa. Nessuno più ci credeva. Il 25 giugno 1950 un intreccio incredibile di risultati (da ufficio inchieste) condanna, oltre alla Pro Sesto, al Prato e al Taranto, l’ Alessandria l’Empoli. Noi battiamo la Salernitana per 1 a 0 e festeggiamo. Sono arrivati i meravigliosi anni cinquanta. Aperti da un Miracolo a Reggio, altro che a Milano …
Gli anni cinquanta
Dall’onta della IV serie alla soglia del Paradiso
Gli anni cinquanta, i meravigliosi anni cinquanta, si aprono per noi reggiani nel clima di Peppone e don Camillo, il film che nel 1951 interpreta umoristicamente lo scontro politico italiano. Tra democristiani e comunisti, tra coppiani e bartaliani, tra milanisti e juventini, l’Italia si riduce a due. Anche la Corea si divide in due dopo la guerra. Mentre il Po tracima ed è alluvione, la Reggiana resiste in B. Due, solo due anni. Anzi nel 1950-51 col giovane Frignani, che sarà poi al Milan e in Nazionale, alimenta sogni di promozione. Si gioca perfino contro la nazionale di Pozzo al Tardini di Parma, coi parmigiani che ci invidiano. Si vendicheranno dopo tre anni. Difficile per mister Antonini, già calciatore al Milan, sostituire Frignani, Scagliarini, Torti, Cafasso, Dal Bon, tutto l’attacco. Così l’anno dopo si tentenna, nonostante il grande e grosso attaccante ex livornese Tieghi. Dopo qualche partita, nel novembre del 1951, arriva anche la mezzala Mannocci e si racconta un curioso aneddoto. Tieghi era ex partigiano e di orientamento comunista, Mannocci era ex fascista e politicamente di destra. Dicono che in campo non si parlassero. E raramente si passassero il pallone. Anche Giorgio Degola entra in società con Visconti e Lari e iniziano le promesse da marinaio sul nuovo stadio di Reggio. A poco serve la buona lena del giovane terzino Guido Vincenzi (sarà all’Inter e in Nazionale, poi a lungo nella Sampdoria). Unica nota lieta il derby stravinto col Modena al Mirabello il 16 dicembre del 1951 per 5 a 2. Poi è solo delusione, culminata nel desolante 7 a 0 nel match contro la Roma al Mirabello. Dopo dieci anni torniamo in serie C. E si parte proprio dai romani. Come allenatore arriva l’ex portiere giallorosso dello scudetto 1942, e cioè Guido Masetti, poi dalla capitale lo seguono il centromediano Lovagnini e l’ex laziale Flamini. Ci sono anche i quasi stranieri Sandukcic e Lipizer, torna il bagnolese Danilo Bonini. Eppure la Reggiana non ingrana. Avrebbe bisogno, per maggiore tranquillità, di vincere il derby del 27 marzo 1953 al Tardini contro un tranquillo Parma, e qui succede il finimondo. La Reggiana vince regolarmente per 2 a 1 e respira, ma un dirigente del Parma, il conte Carrega, denuncia la società granata per tentativo di illecito. Un altro conte, Rognoni, l’aveva accompagnato ad un incontro sospetto con Giorgio Degola. La Reggiana viene penalizzata di venti punti e retrocede in Quarta Serie. Da Reggio si minaccia la marcia su Parma (quella su Roma aveva portato male) e vengono boicottati tutti i prodotti che provenivano dalla città di Maria Luigia. Si riparte in crisi. Visconti, Lari e Degola minacciano di lasciare la Reggiana. Il Comune viene loro incontro e stanzia risorse, in cambio dell’immissione in società di tre consiglieri (Felisetti, Baldi e Landini). Il primo campionato è un pianto e anche il secondo, anche se nel 1954 da Parma era arrivato il nuovo allenatore Gigi Del Grosso. Visconti aveva profetizzato: “Un parmigiano ci ha fatto discendere, un altro parmigiano ci farà risalire”. Siamo obbligati a giocare contro squadre che si chiamano Caravaggio, Ponte San Pietro, Vobarno, Casalmaggiore. Coppi nel 1953 aveva vinto il mondiale, dopo avere battuto Koblet al Giro, ma tutti parlano in quegli anni della sua dama bianca, mentre la balena bianca si interroga dopo l’eclissi di De Gasperi e la bocciatura della cosiddetta legge truffa. La Reggiana riparte dallo sconosciuto Aldo Catalani, che verrà promosso professore, da Lucianetti, Mazzucchi, dal solito Cappi. Si vince e stranvice. E’ l’anno buono. Siamo primi e nello spareggio col Bolzano esce il “Forza Reggiana”, che titola: “Tre ore decidono un anno”. Vinciamo davanti a diecimila persone stipate al vecchio Mirabello grazie a un bolide di Mazzucchi a pochi minuti dal termine. E rivinciamo in Alto Adige grazie a Cappi, poi festeggiamo cantando “Aprite le finestre” e mangiando strudel. La C è nostra. Nel campionato 1956-57 puntiamo in alto. D’altronde anche Reggio ha il suo grattacielo grazie a Degola. Coi giovani reggiani Sereni e Malavasi, il nuovo centromediano Zoppelletto, il centravanti Perli, che si infortunerà gravemente, i fratelli Di Mauro, sogniamo la B. Mentre Budapest è in fiamme, dopo la drammatica invasione dell’Urss, con la forte Salernitana è solo pari al Mirabello davanti a diecimila anime appassionate. Alla fine ci accontentiamo di un buon campionato e rinviamo tutto a quello dopo. Gigi Del Grosso non sbaglia un colpo e l’orchestra del professor Catalani diventa sublime con l’innesto dei tre carrarini Grevi, Rosini e Latini, mentre dal Palermo arriva il longilineo Pistacchi, poi Maselli, Gardoni, Corsi, Masoni. Quando ospitiamo la Sarom Ravenna, seconda in classifica ci sono undicimila persone stipate ovunque e i nostri prevalgono per 3 a 0. Si canta “Volare” e noi ci alziamo “più in alto del blu dipinto di blu”. La sconfitta di Legnano, penultima gara, ci regala la gioia della promozione che festeggiamo in casa con la Pro Patria. Aveva ragione Visconti: “Un parmigiano ci ha fatto risalire”, e addirittura in B. Gigi Del Grosso, sei l’unico d’Oltrenza che ha fatto marameo ai crociati di serie C. “Vendetta”, vorremmo gridare con Rigoletto del parmigiano Verdi. Il Mirabello è inadeguato per la B e si innalza la nuova gradinata dei distinti, mentre viene montata un’altra gradinata sempre in ferrotubi nella parte sud. La Reggiana perde Catalani, prelevato dal Simmenthal Monza, ma arriva il nuovo centravanti, Dimitri Pinti, un attaccante che farà sfracelli a Reggio assieme a Pistacchi (in questo campionato la P 2 segna la bellezza di 25 gol). In porta l’esperto Orlandi, all’ala destra il giovane Tribuzio e in difesa l’eccellente terzino Gatti. La Reggiana sogna la Serie A. Batte sia il Parma sia il Modena al Mirabello. E al Tardini i nostri vincono per 2 a 1 vendicando ancora l’offesa (vinceranno per tre anni consecutivi (fino al 1961). Alla fine arriviamo quarti e in A sono promosse Palermo e Atalanta. Nel 1959 (con Baldisserri, il ritorno di Brunazzi, il bagnolese Fabio Bonini, l’ala sinistra Ogliari e a novembre il ritorno di Catalani) partiamo a razzo. Dopo sei partite siamo in testa da soli. Poi col Torino, al Mirabello, si infortuna Pinti e cominciamo a rallentare. Ma è solo la gara col Catania del 27 marzo del 1960 che ci condanna … alla serie B. Un gol in fuorigioco del siciliano Morelli, impattato da una zuccata di Pinti, ci nega la speranza di un balzo in Paradiso. Che può attendere, solo altri 33 anni…
Gli anni sessanta
Dalla maledizione di Alessandria a Crippa show
Anni sessanta finalmente siete arrivati. E’ il boom economico, anche i reggiani preferiscono comprarsi una casa in periferia, mentre la Cinquecento diventa l’utilitaria di massa. Tutti in fila per il mare. La riviera adriatica se la possono permettere quasi tutti. A Reggio, nel luglio del 1960, mentre Nencini vince il Tour de France e Umberto Bindi canta “Il nostro concerto”, la polizia spara durante una manifestazione non autorizzata e si contano cinque morti. Per i giovani con le magliette a strisce è un dramma che lascerà segni profondi. Magari son gli stessi che poco dopo, al Mirabello, si esalteranno per il miglior campionato granata del quindicennio. Del Grosso aveva provato a vincere una nuova scommessa. Via Pinti, al Lanerossi Vicenza, via Pistacchi e Ramusani, al Simmenthal Monza, via anche Baldisserri al Venezia (viene convocato per la nazionale alle Olimpiadi di Roma), arrivano gli sconosciuti terzini Martiradonna e Calvani dal Teramo, il centromediano Zennaro dallo Spezia, la mezzala Sardei dallo Schio, poi i giovani Greatti dalla Fiorentina (partirà centravanti, poi giocherà mezzala) e la giovane punta Volpi dal Monza, oltre all’attempato portiere Dreossi dalla Sambenedettese. Si comincia male. “Questa volta”, caro Gigi, “hai toppato”, si pensa. Poi la rinascita. Col Genoa, il 4 dicembre del 1960, si vince per 5 a 0, con Volpi protagonista: nei distinti i nostri battono i piedi e intonano un “A ian ciapè la bala”. Nel girone di ritorno al Mirabello si vince sempre, fino alla quart’ultima. Siamo a un passo dalla serie A, al terzo posto, appaiati al Palermo. Mantova e Venezia sono già in Paradiso che può attendere … noi. Arriva il Messina strasalvo e il nostro sgangherato stadio è stracolmo di pubblico. Il Forza Reggiana titola “Febbre a quaranta”. Ma i messinesi, che vogliono fare un piacere al Palermo, ci azzannano come cannoli siculi e ci infilzano come spiedini di pesce spada con tre gol. Pazzesco. Si batte il Catanzaro e i rosanero sono ancora pari a noi. Ad Alessandria si trasferisce metà Reggio con pullman e bandiere confezionate dal buon Grimaldo Ferrari. Ma anche i grigi non ci stanno e negli ultimi minuti il futuro granata Fanello ci condanna alla serie B. Finisce 2 a 1 e noi sbagliamo un rigore. I tifosi si lamentano: “In A ag vòlen mia andèr”. Tra crisi di Cuba e governo Fanfani, mentre Renzo Bonazzi è il nuovo sindaco di Reggio, cediamo solo Calvani e Sardei (al solito Palermo), ma dai siciliani arrivano l’ex granata Grevi e l’ala sinistra Morosi. Da Brescia preleviamo il mediano Martini e dall’Inter il prestito del terzino Robbiati. Del Grosso è spaventato perché i tifosi ci credono. Si batte il record degli abbonamenti che arrivano a tremila. L’incaglio sono i militari, Tribuzio, Greatti e Morosi, che non ingranano. E dopo tre vittorie consecutive si perde a Parma (2 a 0). Il campionato diventa un calvario. Dopo la sconfitta interna con la Sambenedettese, del 25 marzo 1962 Del Grosso se ne va e arriva mister Piccioli. Non serve. La Reggiana retrocede in serie C, dove resta due anni. Il primo campionato è deludente, si salva bomber Campanini. Ma coi fratelli Bertini, il terzino Villa, giovani Fantazzi, De Nardi, Correnti e l’ala sinistra Facchin c’è l’intelaiatura giusta per tentare la scalata. Nell’estate del 1963 ritorna Del Grosso come direttore sportivo, assieme al nuovo mister Giancarlo Cadè. Arriva dal Padova il forte mediano Bon, dal Rapallo il centravanti Mognon, dal Mantova la giovane mezzala Tomy. La Reggiana viene inserita nel più agevole girone A. e stravince il torneo. Gigliola Cinquetti canta “Non ho l’età”, ma noi l’età per la serie B l’abbiamo, eccome. Nuova rivoluzione estiva di Del Grosso con Ballacci che sostituisce Cadè. Vengono ceduti i pezzi pregiati. Fantazzi e il goleador Facchin al Catania (arriva lo stopper De Dominicis), De Nardi al Bari, Correnti al Mantova (in cambio di Giagnoni e Recagni). Alla fine arriva anche il centravanti Gipo Calloni. Sarà un mito. Al termine del girone di andata siamo a ridosso delle prime. Il Mirabello è la fossa dei leoni. Battiamo il Verona (per 4 a 0), il Bari (per 2 a 0), il Lecco (per 1 a 0). Poi nel ritorno è flessione e ci accontentiamo di una larga salvezza. Poi un campionato di transizione, coi giovani Badari e Gavazzi in vetrina, il nuovo mister Bizzotto e una salvezza dopo la vittoria tremacuore col Catanzaro per 3 a 2 . Ma nel 1966, mentre impazzano i Beatles, arriva lui, Dante Crippa show. E’ un repulisti. Via Villa, Perucconi e Malavasi (tutti al Palermo) in cambio di Giorgi, Fogar e tanti soldi, via De Bernardi, Meregalli, Recagni, Correnti, arrivano anche i giovani Corni, Bonci, poi Lampredi, Pienti, Mazzanti, più avanti Corradi e Volpato. Cominciamo così così, poi esplode Crippa e la Reggiana vola col suo passo doppio da ballerino del Lago dei cigni. Siamo terzi, ma in A vanno solo in due. Grevi, nella gara di fine campionato col Genoa a Marassi, conclusa 8 a 1 per i rossoblù, schiaffeggia l’arbitro e viene squalificato a vita. D’estate si vede l’erba al Mirabello. Finalmente alle spalle gli anni neri della carbonella. Arrivano l’esperto Fanello, il difensore Ranzani, il nuovo portiere Boranga, coi giovani Vignando e Zanon, ritorna Fantazzi. Da Guastalla sulla rampa di lancio un ragazzo che farà carriera: Negrisolo. Lottiamo per la serie A, fino alla sciagurata trasferta di Verona, dove si spostano 4mila reggiani, accompagnati dalla banda musicale di Castelnovo sotto. Sarà per l’anno dopo? Ma d’estate un’altra rivoluzione: via Negrisolo, Ranzani, Fantazzi, Mazzanti, Zanon, arrivano solo giovani, tra i quali Picella, Orlandini, Passalacqua, Manera, Toffanin, mentre Grevi viene amnistiato dopo la vittoria della Nazionale agli europei. Poi ci raggiunge la mezzala Ragonesi e torna anche Calloni. I tifosi mugugnano. E’ un bene. Dopo un avvio incerto, la vittoria d’autunno di Ferrara (2 a 0 alla Spal con reti di Donzelli e Crippa) ci schiude orizzonti di gloria. Quattro partite interne a cavallo di andata e ritorno e quattro vittorie (con Cesena, Lazio, Foggia e Bari) ci proiettano in zona promozione. Dopo la vittoria di Lecco del 23 marzo 1969 (1 a 0 e gol di Fanello) sembra fatta. Poi arriva la sconfitta di Modena (un 3 a 0 da suicidio). Ma a due giornate dal termine siamo pari al Bari in terza piazza. I pareggi di Cesena e di Roma ci tolgono la serie A per un solo punto a vantaggio dei pugliesi. Per un punto, per un palo, per un pelo. Ancora sfiorata una promozione che dovrà attendere “solo” 24 anni…
Gli anni settanta
Primi anni settanta con Zandoli e Boranga, poi è serie C
Tu vai pure ad applaudire Del Grosso, mentre anche Lombardini entra in società e il triunvirato diventa quadrunvirato. Gigi da San Secondo ti porta a Reggio la punta Galletti (ma sarà un centrocampista), la mezzala Nardoni, riporta da noi Silvio Zanon, convince Dante Crippa show a restare ancora un anno prima di appendere le scarpe al chiodo, anche se a metà tempo (l’altra metà la dedica all’azienda di famiglia a Brescia). E sai che quando applaudi il magico Gigi gli vengono i brividi. Ancora una volta la Reggiana, che sembra votata alla A, si impiglia nell’imprevista palude di risultati deludenti, si incastra in nuove difficoltà (la volontà di Boranga e di Ragonesi di passare al Brescia, in serie A) e all’ultima di campionato, mentre l’Italia batte il Messico per 4 a 1 ai mondiali, i granata sono fermati a Catanzaro dal risultato più inutile. E’ uno zero a zero che per un solo gol di scarto ci condanna alla C. Gli azzurri di Valcareggi ci fanno sognare. Dopo il 4 a 3 con la Germania andiamo tutti in piazza con il tricolore, anche i sessantottini che inneggiavano alla bandiera rossa, alle prese con l’amletico dubbio: “Meglio Mazzola o Rivera?”. Dopo la lezione di calcio del Brasil di sua maestà Pelè ritorniamo sulla terra come quell’Armstrong che l’anno prima era volato sulla luna. Si riparte da mister Ezio Galbiati in coppia col nuovo direttore sportivo Giampiero Grevi. Ritorna in porta il biologo Boranga che sceglie anche l’ospedale di Reggio, ritorna anche Sileno Passalacqua, viene lanciato come terzino destro il giovane Zuccheri, in coppia con Giorgi, in mezzo Barbiero e Stefanello, a centrocampo Vignando, Picella (o Galletti), Zanon, davanti Spagnolo, Passalacqua (o Frisoni) e Rizzati. Battisti canta “I giardini di marzo”, e a marzo spicchiamo il volo. Dopo la stentata vittoria col Venezia al Mirabello, stacchiamo l’Alessandria e dopo il colpo di Trieste, con gol di Spagnolo in semirovesciata, è serie B. Merckx vince Tour e campionato del mondo, Gimondi è ancora secondo, noi acquistiamo dal Padova Flaviano Zandoli (il sacrificio economico è il più alto), poi dal Catanzaro, dove passa il nostro Zuccheri, arriva l’esperto Marini. Il Mirabello non è agibile e bisogna costruire i sostegni in cemento delle gradinate in tubolari. Il Comune stanzia più di cento milioni, ma la gara di Coppa Italia col Bologna si deve disputare a Modena. Il 29 agosto 1971 perdiamo 2 a 1 davanti a 18mila persone. Il campionato ci sorride. In casa maciniamo Foggia (4 a 1), Genoa (3 a 0),impattiamo col fortissimo Perugia (1 a 1), battiamo la Reggina (2 a 0). Il pubblico riempie a dismisura il vecchio Mirabello. Sempre tra le 12 e le 16 mila presenze. Il 28 novembre grande scontro diretto con la Lazio di Chinaglia e qui succede il finimondo. Boranga ne combina una delle sue. Testata a Long John e l’espulso è quest’ultimo. Vinciamo su rigore (gol di Vignando), ma ce la faranno pagare. Si infortuna gravemente Giorgi (la sua carriera finisce qui), arriva Tentorio, che tirava sempre. Tutti gridavano Tiratentorio. Per la gara di ritorno, a Roma, partiamo con un treno speciale che non arriva mai. All’Olimpico siamo circondati dai laziali, inscatolati e zittiti. Boranga si esibisce in una pièce teatrale di rara qualità. Prende per i fondelli 40mila persone e poi si lascia scivolare sotto la pancia un pallone innocuo calciato da Massa. Sotto la pioggia perdiamo anche la faccia. La A può attendere ancora nonostante la grande vittoria sul titolato Palermo al Mirabello per 1 a 0. Sarà per il campionato seguente. Parte Picella (all’Atalanta), ma arrivano l’interista Fabbian, gli atalantini Moruzzi e Donina e l’ex parmigiano Fava. Sembriamo imbattibili e ci qualifichiamo per la fase finale di Coppa Italia. Il campionato, però, è deludente. Ci consoliamo con l’amletico dubbio in salsa mazzolian-riveriana: “Meglio Zanon o Galletti?”. Ma, soprattutto, con le finali di Coppa. Con l’Inter di Mazzola e Boninsegna, sul 3 a 2 per loro, salta l’impianto di illuminazione e i 13mila restano al buio. Si saprà che è stato un attentato. L’estremismo dilaga anche, anzi soprattutto, a Reggio. Con la Juventus di Bettega e Anastasi è sconfitta per 2 a 1 e addio Coppa. Repulisti. D’estate si cambia tutto. Via Spagnolo e Benincasa al Catania arrivano Rado, Montanari e Francesconi, via Vignando, Moruzzi, Fabbian, Fava, mentre Boranga si accasa al Cesena. Poi arrivano D’Angiulli, Carrera, Albanese e il giovane Monari. Ci raggiunge anche l’ex enfant prodige Giovanni Sacco. Sarà croce e delizia. Rado ci aveva fatto impazzire. Col suo Catania era sempre 0 a 0, con parate da un metro, da un centimetro, da un millimetro. Porta granata sbarrata? Il fatto è che Rado non parava da lontano e alla prima in casa col Varese lo sapevano. Sconfitta per 4 a 0 perché a Rado servivano gli occhiali. Esplode l’austerity e la domenica si va tutti a piedi (o a cavallo). Dopo la sconfitta di Varese al ritorno, il 10 febbraio 1973, Ezio Galbiati se ne va e al suo posto ecco il duo Campari-Grevi che ci porta alla salvezza dopo il pari di Arezzo e la vittoria al referendum sul divorzio. Ai mondiali in Germania la Polonia umilia i nostri messicani, mentre Tito Corsi è il nuovo allenatore granata. “Adesso siediti su quella seggiola”, vecchio Tito, biondo mediano granata. Bello e senz’anima? No, un’anima ce l’ha la sua Reggiana all’olandese. Ma i risultati non arrivano nonostante i nuovi Memo, Parlanti, Restelli, Savian. Dopo la sconfitta in casa col Genoa Corsi è esonerato e arriva don Carmelo Di Bella, che compie il Miracolo a Milano. Nello spareggio di san Siro del 26 giugno 1975 i granata battono l’Alessandria per 2 a 1 (gol di Francesconi e Passalacqua). L’anno successivo è un supplizio e coi nuovi Volpati e Serato si torna diritti in C. Le Brigate rosse cominciano ad uccidere. Molti di loro provengono dalla nostra città. Dal rosso al granata. Se ne vanno Carrera (col Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi arriverà secondo in campionato) e altri e la Reggiana lancia i giovani Galparoli e Testoni, con Caciagli e poi Guido Mammi in panca. Ma nei due campionati successivi non si sfonda. Poi nel 1978 arrivano il reggiano Pigozzi e la punta Sperotto, mentre Romano si rivela un futuro campione e sfioriamo la promozione in B, malamente sciupata a Trieste dalle micie di Piccoli che il 6 maggio del 1979 costano la panca a Mammi. Si resta in C anche nel campionato successivo (il carrozzone va avanti da sé, caro Renato…) con Marini trainer, il quadrunvirato che abdica e Vacondio amministratore unico. E’ vigilia di promozione.
Gli anni ottanta
Dalla promozione di Fogli a quella di Marchioro
Due nomi si stagliano all’inizio e alla fine degli anni ottanta. Oltre a quelli di Reagan e Gorbaciov, quelli di Romano Fogli e Pippo Marchioro. Il primo arrivò a Reggio nel 1980 per sostituire Bruno Giorgi, che l’accoppiata Vacondio-Fontanili aveva convinto a sostenere la navicella granata. Tra strage alla stazione di Bologna e Olimpiadi di Mosca boicottate dagli americani, Giorgi dice no dopo alcune divergenze sui ventilati acquisti. E Fogli, mediano di gran classe del Bologna scudettato, si trova tra le mani una squadra di sconosciuti: Matteoli, giovane del Como, aveva giocato nell’Osimana. Poi altri ragazzini: da Eberini (Como), a Bruzzone (Fiorentina) al trio bolognese (Pederzoli, Filosofi e Nappi). Di attempati un solo Zandoli di ritorno. Dove credi di andare? E invece, dopo un inizio incerto, la squadra carbura. La svolta a Trieste all’ultima di andata con vittoria targata Zandoli. Il ritorno è trionfale (a Trento si vince come a Trieste), poi successo, ancora con zampata di Zandolino, a Cremona. E’ quasi serie B. Al Mirabello col Novara in 12mila tirano il fiato al novantesimo dopo un pazzesco 5 a 4 e a Spezia è suggello matematico di gloria con reti di Mossini e Bruzzone. Sparano al papa, ma il referendum contro la legge sull’aborto è vinto dai laici. Le Bierre sono all’attacco, tra omicidi e rapimenti. All’ultima con la Triestina è solo festa e invasione di campo e migliaia di vessilli granata al vento. Stadio nuovo o rattoppo del vecchio Mirabello? Preferisco la prima ipotesi, il sindaco Benassi è per la seconda. Si costruisce la nuova gradinata a nord, ci sono quattro innesti di valore con un “centro di gravità permanente” alla Battiato. E’ Piero Volpi, medico e libero, con lui i pazienti Pallavicini, Trevisanello, Carnevale. Bene in Coppa, i nostri eroi faticano in campionato col nuovo sponsor Zendar. Il pubblico è imponente al Mirabello: oscilla dagli 11 ai 16mila. E’ “tempo delle mele” e dobbiamo soffrire fino alla penultima, (vittoria con il Perugia all’ultimo secondo per 2 a 1), mentre il finale di Pisa è uno zero a zero utile per due (loro promossi e noi salvi). Intanto Giovannino Vandelli compra la Reggiana dal vecchio quadrunvirato. Offeso l’amministratore Vacondio, tenuto all’oscuro e solidale con lui il sindaco. La Cantine riunite è promossa per la prima volta in serie A2. E al Mundial spagnolo l’Italia ci fa impazzire di gioia. Esultiamo tutti con Pertini e Bearzot. Siamo campioni del mondo. Vandelli, con il direttore Sergio Sacchero, allestisce una squadra che punta in alto. Arrivano Zuccheri, Di Chiara, Bruni, Francini, Paradiso, ritorna Mossini e si costruiscono i nuovi distinti in cemento. Ma dobbiamo far senza Matteoli, il Maradona dei poveri (vincerà lo scudetto con l’Inter e sarà in nazionale). A novembre Vandelli ingaggia Imborgia, Mazzarri (proprio lui), Graziani e Boito, mentre Giovan Battista Fabbri sostituisce Fogli. La condanna alla serie C avviene dopo la sconfitta col Milan in un Mirabello gremito da 20mila uomini-sardine. E’ il 22 maggio 1983 e Vasco canta “Bevi la Coca cola che ti fa bene”. Noi non la digeriamo. Pazienza. Si ricomincia dal goleador della B: quel Tivelli della Cavese che ci costa uno sproposito. Ma il nuovo diesse Moreno Roggi vende Di Chiara al Lecce per Tusino, Vandelli non glielo perdona e lo esonera. La Toneatto band è una grottesca delusione, nonostante Invernizzi e Bosco, destinati a categorie superiori. Ci salva l’onore e l’umore la Riunite di basket di Dadone Lombardi, promossa in A1. A fine campionato si pensa al futuro e Vandelli fa scorpacciata di giovani, dal portiere Gregori a D’Agostino a Scarsella (che morirà tragicamente), a Cambiaghi, Scarpa, Soncin, Tanzi e Ceccarini. Li guida mister Fontana e la Reggiana del 1984-85 agguanta la Coppa Italia. Poi la fase di Nardino Previdi che costruisce un squadra da vertice, con Facciolo, Remondina, Restelli, Cacciatori, Peroncini. Dopo il pari interno col Rimini via Fontana e ritorna dopo 22 anni Giancarlo Cadè. Si cambia marcia. Dopo la vittoria di Prato, mentre sei settimane e mezzo bastano all’affascinante Kim Bassinger, dodici partite non bastano alla Reggiana. Tre sconfitte (con Spal, Virescit e Piacenza) ci tagliano fuori. Col Modena Facciolo para due rigori e boom-boom Vandelli si scaglia contro il presidente canarino Farina, “figlio di latitante”. Poi è colpo micidiale a Parma coi nostri che espugnano il Tardini, mentre i locali esplodono in violenze. Niente da fare. In B vanno proprio Parma, di Sacchi, e Modena. Chissà che non sia colpa di Gheddafi che ci invia un vecchio missile ficcandolo a Lampedusa. Campionato nuovo, tentativo nuovo. Nell’estate del 1986 Vandelli vuole cedere la Reggiana, ma fra cordate finte e soldi che mancano alla fine la tiene lui. E non va male, con il nuovo mister Santin e i valorosi Perugi, Apolloni, Domissini, Bonesso, Di Curzio. Ci si rafforza cammin facendo coi nuovi innesti novembrini di Macina e De Vecchi e la Regia mette la quinta. Fino al march clou col Padova al Mirabello davanti a 12mila persone. In B col fortissimo Piacenza va il Padova che si accontenta del pari. Nel 1987 Previdi fa le cose in grande. Arrivano De Agostini, Polverino, Neri, Cornacchini, Tacconi, Poggi, Carotti.Tutti ci danno strafavoriti. Ci qualifichiamo in Coppa, ma in campionato non va. Il portiere Longo ci mette del suo. Prima della fine Santin viene sostituito da Perani, Vandelli cede alle coop e Corni viene rispolverato dall’armadio dopo l’uscita di Previdi. E’ l’inizio di un ciclo vincente. Arrivano giocatori mirati. Torna Facciolo in porta, poi il giovane Daniel che sostituisce l’infortunato Guerra, e D’Adderio, Zamuner, Gabriele, Rabitti, Ginelli, ma soprattutto uno spilungone al centro dell’attacco: Andrea Silenzi. Si costruisce la nuova tribuna e i granata vincono e convincono e sono ancora Trento e Trieste (sembra la prima guerra mondiale, manca solo Gorizia) a sancire la nostra superiorità. Dopo l’exploit con lo Spezia al Mirabello davanti a 15mila tifosi, è quasi B. Si grida “Silenzi vola, la curva s’innamora”, ma è super Facciolo il nostro eroe. La B la conquistiamo però matematicamente solo all’ultima contro l’ambizioso Prato (che è ancora in lotta). E’ un 2 a 0, davanti a 17mila persone, duemila di Prato, che fa esplodere la città, mentre in Piazza Tienammen di Pechino si muore per la libertà. Qui si muore di gioia. Corteo dei tifosi e tuffo nella fontana del Municipale. Grazie Pippo, grazie Renzo, grazie Ermete Fiaccadori e grazie anche a te, senatore Sacchetti, che sembri Re Mida e trasformi tutto in oro e non solo in vino…
Gli anni novanta
Finalmente serie A
Dopo il primo anno di serie B, e Andrea Silenzi supercannoniere con 23 gol in saccoccia, resta solo il rammarico della sconfitta di Parma alla penultima che segna la promozione dei cugini in serie A. Sappiamo che il ciclo di Pippo Marchioro è solo agli inizi. Il mondo cambia attorno a noi e dopo la caduta del muro di Berlino può cadere anche quello che ci separa dalla serie A. Nell’estate del novanta, mentre viviamo le nostre Notti magiche di Italia novanta, se ne va Pennellone (al Napoli di Maradona) e viene sostituito da Dario Morello che prima punta non è. Il punteros prescelto, Gori, si rivela inabile e viene scartato e al suo posto ecco Ravanelli. Da Pennellone a Penna Bianca. Con lui si cambia marcia. Dopo un inizio incerto col Verona al Mirabello (retrocesso con le nuove norme a stadio da 12mila posti) è un fantastico 4 a 0 con tre gol del nuovo acquisto. Qualcuno (chi scrive) parla di nuovo stadio, magari in comune con Parma o Modena. Poi la partita del secolo a fine 1990. Col Cosenza sembriamo mummie per mezz’ora e subiamo tre gol. Vien voglia di uscire. Poi la rincorsa pazzesca. Uno, due e tre. Pari. Poi vantaggio granata. Quattro a tre? Ravanelli, Bergamaschi, Lantignotti, Morello sembrano furie. Alla fine è un 7 a 4 che ci fa impazzire. Stappiamo spumante per festeggiare il 1991 e chissà… Si vince a Brescia con gol di Rava e del giovane Ferrante e il vertice si avvicina. Poi la battuta d’arresto di marzo con l’Ancona ci raffredda. Ala fine ci dobbiamo accontentare di un’altra promozione solo sfiorata. L’ennesima. Ma d’estate si fanno le cose in grande, mentre, dopo il comunismo, si sfalda anche l’Urss. Arrivano Monti, Zannoni, Scienza, Sgarbossa, Bertoni, De Falco. Che squadrone. Iniziamo alla grande con una sfilza di vittorie. Sembriamo un bolide. La gente accorre allo stadio e non implora “Portami a ballare”, come canta Barbarossa al festival. Fatichiamo un po’ al ritorno soprattutto in casa. De Vecchi e Facciolo a volte non appaiono al meglio. Troppi pari, con l’Avellino e col Venezia. Due a due anche col Bologna ad aprile, mentre alle elezioni trionfa al Lega di Bossi al Nord. Eppure a quattro partite dal termine siamo terzi alla pari dell’Udinese. Le sconfitte al Mirabello con Piacenza e Pescara ci tolgono ogni speranza, dopo la strage di Capaci e l’elezione di Scalfaro. Ma questa è una maledizione, si pensa. Tanto vale ridimensionarci. Ravanelli va alla Juventus dopo un finale di campionato da dimenticare. Via Facciolo e De Vecchi, arrivano giocatori sconosciuti, da Bucci a Corrado ad Accardi, due mezzi scarti come Sacchetti e Picasso, poi uno addirittura giudicato inabile al gioco del calcio: Pacione. Cala l’entusiasmo e anche il numero degli abbonati. Ma Corni ha fiducia. Cominciamo con il pari interno contro il Verona (ma un gol gialloblù viene annullato inspiegabilmente), poi inneschiamo la quinta. La vittoria di Lecce e poi il cappotto al Bologna ci lanciano in vetta. Gli scontri vinti con Spal, Venezia, Cremonese e Cesena ci proiettano soli lassù. La vittoria di Pisa con un Bucci stratosferico ci consente di sognare la A. Di toccarla con un dito. Anzi con due mani. Il resto è quasi noia, coi nostri che raggiungono la certezza matematica del Paradiso a Cesena. Quattromila reggiani impazziscono di gioia al Mannuzzi e ventimila sfilano davanti al Municipale agghindato con una maestosa A dopo la sfida col Padova. È serie A, mentre infuria Tangentopoli. Non accadeva da 64 anni. La giochiamo al Mirabello con gli stranieri Taffarel e Ekstroem, con l’ex nazionale De Agostini, con la punta Padovano. Ma c’è anche la nuova proprietà. Il gruppo Dal Cin-Fantinel acquista la Reggiana da Sacchetti e compagni. Lo stadio viene rimesso a posto, ma non può contenere più di 15.500 persone e gli abbonati sono più di 10mila. La prima al Mira è con la Lazio ed è il primo punto di A. Poi sofferenza. A novembre gran colpo di Dal Cin (lo vogliono sindaco). Arriva il fenomeno portoghese Futre. In duemila lo attendono davanti all’Astoria. Segna un magico gol alla Cremonese poi s’infortuna. Come avere Sharon Stone in camera e aver smarrito la chiave. All’ultima di campionato è miracolo a Milano. Sembra una partita destinata al pari coi rossoneri già campioni. E lo spareggio col Piacenza, che aveva pareggiato due giorni prima a Parma, è nell’aria. Ma Max Esposito inventa un gol di collo piede nell’angolo basso di Ielpo ed è trionfo-salvezza con diecimila reggiani in festa. Nel 1994, mentre l’Italia perde il mondiale ai rigori col Brasile, la Regia sembra più forte e gli abbonati sono 10.500. Arrivano Oliseh, nazionale nigeriano, poi Antonioli, Gambaro, De Napoli, Bresciani, Dionigi, e soprattutto si conta sul recupero del genio portoghese, il funambolo col piede d’oro. Iniziano i lavori del nuovo stadio Giglio che verrà inaugurato solo dopo sette mesi nella gara con la Juventus. A novembre rientra Padovano, arriva il russo Simuthentkov, ma viene esonerato Marchioro e ingaggiato Ferrari. I tifosi mugugnano. Anche per via del vino. E’ retrocessione amara, ma non troppo. Si può risalire con 5mila abbonati e i nuovi Strada, Schenardi, Colucci e il forte guardiano Ballotta. Adesso abbiamo anche lo stadio, magnifico, con quasi 30mila posti a sedere. E il nuovo giovane mister Carlo Ancelotti, che all’inizio traballa, ci conduce alla nuova fantastica impresa. La A la conquistiamo matematicamente a Verona, gran gol di Strada, alla penultima. Fantinel se ne va e Dal Cin resta solo, ma non demorde. Se ne va anche Ancelotti che si porta Strada al Parma. Arriva Mircea Lucescu e il suo buon calcio di possesso. Con lui Sabau, Carbone, Pedone, Tovalieri, Hatz, Behierdorfer, il colombiano Valencia. Si gioca bene, ma non si vince mai. Via Lucescu e dentro Oddo. La musica non cambia. Arriva Galli dal Milan. Niente. Salutiamo la A, è stato bello. Torniamo in cadette ria e ritentiamo, ma stavolta senza crederci, mentre Reggio è invasa dagli alpini. Muore Lady Diana, nel novembre del 1997 torna anche Silenzi, ma non è più Pennellone. Pirri e Banchelli ci fanno sognare con Varrella che preleva Oddo. Alla fine siamo decimi. L’anno dopo, nel 1998-99, è invece completo default, dopo la fantastica doppietta di Pantani al Giro e al Tour. Dal Cin tenta di metterci una pezza e ingaggia fior fior di calciatori come Protti, Margiotta e Maspero. Niente da fare. E’ serie C. E per dirla alla Lucio Battisti, che muore a soli 55 anni, purtroppo “non sarà un’avventura”…
Gli anni duemila
Tra inferno e purgatorio
Anni bui, tremendamente bui. Che ci riportano alla fase precedente la caduta del muro di Berlino e ci tengono lì piantati, con l’umiliazione dell’unico fallimento e di un triennio di quarta serie, fino ad oggi. Non era mai capitato nella storia granata. Il record di dieci campionati di serie C (dal 1930 al 1940) è stato abbondantemente battuto. Dopo la retrocessione del 1999, con la squadra della disperazione che Dal Cin aveva sfornato quando era tardi (Protti, Margiotta, Maspero e compagnia), si riparte da mister Speggiorin, con un Tovalieri di ritorno e la conferma di Morello, poi diversi giovani, compreso il reggiano Ariatti. Speggiorin dura fino al derby col Brescello, perso in un Mirabello gremito da novemila persone. Non sarà l’umiliazione peggiore. Arriva il vecchio Rumignani, giallo come un vichingo. Sperduto come un africano. La Reggiana si salva solo all’ultima in casa col neopromosso Siena (per l’occasione al Giglio si entra gratis), mentre il Brescello sfiora la serie B, che vede sfumare solo a pochi minuti dal termine nello spareggio col Cittadella. Intanto sfondiamo l’anno duemila. Più che il bug arriva il secondo buc. E con Maifredi e il ritorno di Pirri la povera Reggiana si incaglia quasi subito. All’inventore del calcio champagne subentra Testoni, poi alla fine anche Vullo. A Brescello la peggiore dèbacle della storia. È 4 a 1 per i rivieraschi e noi torniamo umiliati e storditi. Persino offesi da questa Reggiana indecente. Alla fine sono necessari i play out per la salvezza. Dal Cin accusa il Comune che non concede la variante per il centro commerciale. Nuovi acquirenti non ci sono. Solo Spallanzani e Ferrarini danno una mano. Contro l’Alzano stentiamo fino al novantesimo in trasferta, salvati dal miracolo di Squizzi che para un rigore e ci regala l’insperata salvezza. Berlusconi rivince le elezioni e noi continuiamo a perdere. Il campionato 2001-2002 è, se si può, anche peggiore. Si salva bomber Mussi e poco altro. Via Vullo e dentro Mossini. È necessario un nuovo spareggio, ancora con l’Alzano, ma almeno stavolta il ritorno lo giochiamo in casa. Sembra finita a pochi minuti dal termine. Poi, all’improvviso, un gol di Jero Shakpoke. Ed è salvezza. Secondo miracolo. Inferno rinviato. Ma adesso basta. Il sindaco Antonella Spaggiari si dice disponibile alla variante Giglio, ma non vuole Dal Cin. In piazza sfilano i tifosi contro il friulano, che ha il merito dello stadio, ma che ci ha trascinato dalla serie A all’orlo della C2. Arrivano il parmigiano Foglia e il supereggiano Chiarino Cimurri e il tifo granata si risveglia. Foglia porta dal Brescello diversi giocatori, tra i quali Federici, Morello, Giandomenico, Bizzarri, Miftah, c’è la punta Ajodele Makinwa. Poi arrivano Bono, Goretti, Bia, Pizzi. Insomma finalmente la Reggiana sembra esserci, con mister Cadregari in panca e alla chitarra elettrica. La banda suona il rock è il pubblico affolla il Giglio. Gli abbonati sono duemila e col Cesena in diecimila gremiscono parte del nostro Maracana. Il ritorno è mediocre e alla fine è solo salvezza. Ma il campionato seguente si fanno le cose in grande. Si punta ai play off e arriviamo a 2.500 abbonati. E invece arriva solo una stentata salvezza ai play out contro il Varese. Cadregari aveva lasciato e anche il nuovo coach Sala, poi alla fine dentro mister Bruno Giordano con il diesse Massimo Valentini. Il torneo 2004-2005 è quello buono. Almeno sembra. Con Paoletti in porta, con Campana e Redavid o il giovane Costa esterni bassi, coi centrali Foschini, Leke, ma anche Morello e Cottini, con quattro centrocampisti in linea, Minetti, Napolioni, De Vezze e Bonfanti, e con le punte Borneo, Bertolini, De Florio, Adeshina, sfioriamo la promozione. Entusiasmante la vittoria sul Napoli al Giglio dinnanzi a 18 mila napoletani-reggiani. Intanto cominciano i lavori del centro commerciale. Siamo costretti a utilizzare la sola tribuna e lo spareggio con l’Avellino lo disputiamo a Cremona. Ci annullano un gol in fuorigioco su palla toccata da loro. Perdiamo due a uno e a nulla serve il pari in Irpinia. Poi il buio. Foglia i soldi dei petali dove li ha messi? Mai fidarsi dei parmigiani, Del Grosso escluso. Inseguiamo Gheddafi che non arriva. Falliamo e ripartiamo dalla C2 con la nuova società privata e cooperativa e Varini diesse occulto, poi palese. Quasi in sordina, però. Il primo campionato è deludente (si salva il nuovo difensore Stefani). Il secondo inizia con la sostituzione di mister Foschi con Alessandro Pane e la Regia va. Con gli innesti di Grieco e di Martinetti, nonché il definitivo lancio di Catellani e di Ingari, arriviamo ai play off promozione che perdiamo agli ultimi minuti nella bolgia di Pagani. Il campionato 2007-2008 è trionfale. Arriva Beppe Alessi e con lui l’arte del calcio. È un testa a testa con il Bassano e dopo la gara di Castelnuovo in Garfagnana conquistiamo la promozione in C1. Si riparte dai tornelli e dai biglietti nominativi. Gli stadi si svuotano. Eppure la Reggiana di Pane arriva ai play off per la serie B. Perde 5 a 4 in casa con la Pro Patria nella gara più pazza (la Reggiana era in vantaggio per 3 a 0). Poi al ritorno conduce per 2 a 0, ma cede nel finale. Si riparte con Dominissini in panca, con Saverino, Temellin, Paolo Rossi e la Reggiana domina. Arriva ancora ai play off, senza giocatori importanti e cede al Pescara. Poi, dopo i privati, se ne vanno anche le coop. Arriva Barilli. E siamo ai giorni nostri, con un primo campionato in cui perdiamo i play off all’ultima con la Salernitana, poi tre anni da dimenticare, e quello scorso finito i rigori di Bassano. Maledetti, stramaledetti. Dopo gli undicimila del nuovo Stadio di Reggio Emilia, città del tricolore, oggi di proprietà di un imprenditore milanese che sta investendo i suoi soldi su una squadra di una cittadina sul Secchia, ma anche su uno stadio che non ha le ruote. E adesso ripartiamo con Stefano Compagni, Gianfranco Medici e soprattutto quel Vavassori che a Reggio ha portato giocatori, tecnici, cuore e portafoglio. Come quel conte Cassoli che nel 1919 fondò la Reggiana. A quattro anni da un centenario che bisognerebbe festeggiare in serie A. Come diceva quel tale con quell’intercalare incomprensibile: “Almeno“…
Leave your response!