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Je suis français

30 Novembre 2015 1.026 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Il titolo è provocatorio, perché in realtà mi sento italiano fino al midollo. Però ammiro, non da ora, la dignità e il patriottismo dei francesi. Diciamo subito una cosa. La conciliazione tra sinistra e culto della patria è stata sancita in Francia dalla resistenza al nazismo, mentre in Italia si è combattuto il fascismo che del patriottismo aveva fatto un mito. Ma già molto tempo prima i francesi avevano illuminato loro stessi per dare in pasto al mondo idee rivoluzionarie. Parlo del culto della ragione e dei principi dell’Ottantanove. Parlo delle anticipazioni artistiche di fine ottocento nel campo della pittura con l’impressionismo e poi l’astrattismo. Parlo della letteratura d’avanguardia dei primi del Novecento e dell’esistenzialismo, fino alle correnti nuove nel campo dell’urbanistica e della filosofia. Parlo del fatto che Parigi è stata nel Novecento la capitale culturale del mondo e che la politica ha preso avvio dalla Francia per sperimentare nuove strade, poi esportate altrove, dal fronte popolare all’Unione de la gauche.

La Francia è stata anche altro, certo. Dal colonialismo in Africa, alla Repubblica di Vichy che flirtava cogli invasori tedeschi. E’ stata anche il gaullismo con una Repubblica presidenziale capitanata da un generale, che aveva però combattuto e battuto Hitler. E’ stata certo anche il paese che ha bombardato incautamente la Libia di Gheddafi contribuendo a generare il caos che è sotto i nostri occhi. Eppure proprio quell’idea di grandeur che ha accompagnato molte osservazioni critiche ed anedottiche sui francesi, quel larvato senso di autosufficienza e di superiorità che li ha resi anche antipatici, io li trovo invero irresistibili e unici. Mitterand, il capo riconosciuto di una sinistra tutt’altro che moderata, era nel contempo il più vicino al culto della Francia. Chi mai avrebbe potuto concepire la Piramide al Louvre e il Beaubourg? Mitterand non ha esitato un momento a partecipare con un contingente di forze non trascurabile alla guerra del Golfo del 1991, mentre Brandt e i tedeschi tentennavano.

Questo legame tra sinistra e patriottismo, quel che è stato definito “socialismo tricolore” è stata forse la più originale delle innovazioni prodotte da Bettino Craxi in Italia. Anche Nenni, che veniva dall’interventismo nel primo conflitto bellico, esaltava la figura di Garibaldi, e sull’eroe dei due mondi pubblicò anche un opuscolo. Ma è con Craxi che non solo il Psi, ma il governo italiano, acquisisce una vera coscienza nazionale, con l’installazione coraggiosa dei missili Cruise e Pershing a Comiso, nella contestazione generale promossa dal Pci e dai cosiddetti pacifisti, con Sigonella, quando la lealtà nei confronti degli americani si trasformò in una difesa armata della nostra autonomia, con la negazione delle basi agli americani per i bombardamenti su Tripoli e Bengasi, quando la guerra alla Libia poteva trasformarsi in un caos anticipato. Craxi, in questo, era assai più simile a Mitterand e ai francesi di tutti i presidenti democristiani che lo hanno preceduto e anche di tutti i leader comunisti che lo hanno contestato.

Oggi la Francia ha reagito come un grande paese, con orgoglio, unità e decisione, alle stragi che hanno insanguinato Parigi. Mi ha commosso il modo col quale è stato concepito il funerale delle 130 vittime dei cruenti e barbari attentati, la compostezza e il dolore che hanno cementato un’unità sofferta d’un popolo colpito. Sono rimasto impressionato, e perfino sorpreso, della vitalità e della forza del presidente Hollande e della sua protervia nel comporre una grande alleanza per combattere il terrorismo, aggregando gli sforzi miliari francesi a quelli tedeschi e britannici, tentando di convincere Obama a superare le sue preclusioni e portando la Russia fuori dal suo isolamento forzato. Ma mai accedendo all’idea che la sua guerra fosse di religione e che gli extracomunitari fossero terroristi. Oggi leggo che il presidente del Consiglio italiano, che ha sempre auspicato che nascesse questa grande coalizione aperta agli stati arabi, prima di muovere l’Italia pretende che si decida il futuro di Assad. Giustificabile posizione, se non è solo dettata da un attendismo strumentale. Come dire, diteci che fine farà Assad, noi intanto regaliamo i nostri dvd …

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