Mi scrive Fabio Fabbri, già ministro della Difesa: “Le mie riserve sulle scelte dell’Italia”
Il fondo di oggi è del mio amico Fabio Fabbri, già ministro della Difesa del governo Ciampi, prima ancora presidente dei Senatori socialisti, più volte ministro e sottosegretario alla Presidenza del governo Amato.
Caro Direttore,
Ti prego di pubblicare sul nostro giornale questa nota integrativa del mio articolo sugli avvenimenti drammatici conseguenti all’orribile eccidio del 13 novembre a Parigi.
Concordo interamente con l’ultimo tuo editoriale, che critica il comportamento del Presidente del Consiglio, lamentando che il nostro governo, al cospetto dell’incipiente terza guerra mondiale, ha assegnato all’Italia un ruolo a dir poco marginale.
Per chi non avesse letto “La Stampa” di venerdì 27 novembre, trascrivo il motivato giudizio critico nei confronti di Matteo Renzi del nostro ex ambasciatore alla NATO Stefano Stefanini, già consigliere diplomatico del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano:
“… Il Presidente del Consiglio… fa bene a ricordare che la sfida di ISIS è una prova di tenuta culturale e non solo militare e di sicurezza. Ma ieri mattina l’Eliseo avrebbe preferito qualche fatto in più e qualche parola in meno. La Germania sorpassa così l’Italia in materia di stabilità e sicurezza internazionale. Non era mai successo. La prudenza è probabilmente quello che gli italiani vogliono da Renzi. A Roma e Firenze prenderebbe la sufficienza abbondante, ma fa piccolo cabotaggio internazionale. Voto: 5”.
Se si pensa che è la prosa di chi è professionalmente abituato al sorvegliato linguaggio della diplomazia, la censura identifica correttamente, ed anche impietosamente, la marginalità come scelta dell’Italia nell’ambito delle alleanze che si vanno profilando per combattere il terrorismo.
Ai tempi della “guerra fredda”, quando i Presidenti del Consiglio si chiamavano De Gasperi, Fanfani, Moro, Spadolini e Craxi, il disimpegno, così come l’adesione “ridotta” alla NATO, non sono mai stati ipotizzati.
Non sono animato da ostilità preconcetta nei confronti del giovane Presidente del Consiglio, alla cui azione ho guardato, semmai, con benevola propensione.
Ai molti che, nei mesi alle nostre spalle, mi hanno chiesto un’opinione su Matteo Renzi, ho risposto facendo mie le misurate parole dell’Ambasciatore Sergio Romano, che ha evocato i cartelli dei saloni del Far West: ”Non sparate sul pianista. Non ne abbiamo altri.”.
Ma ora il pianista suona la musica stonata del sostanziale quasi-disimpegno dell’Itala: che non è annullato dalla nostra chiamata alla mobilitazione culturale contro il terrorismo.
Mi sono consolato quando ho sentito, a conclusione della solenne cerimonia di omaggio alle vittime trucidate il 13 novembre, che si è svolta a Parigi agli Invalides, la musica, quanto mai appropriata e solenne, di Giuseppe Verdi: quasi un’ideale presenza vicaria del nostro Paese.
Come Ministro della Difesa del Governo presieduto da Carlo Azeglio Ciampi ho conosciuto, al tempo della spedizione del nostro contingente militare in Somalia, le difficoltà, i rischi e le drammatiche ripercussioni, emotive e politiche, che si determinano nell’opinione pubblica quando i nostri soldati muoiono in combattimento.
Ma questi sono i rischi e i rovelli, anche di ordine morale, di chi è chiamato, nell’interesse del Paese, ad assumere le difficili decisioni determinate dalla realtà che abbiamo di fronte, dal contesto internazionale e dalla volontà di guidare la nazione in armonia con i suoi interessi generali: ed anche in coerenza con la propria storia, in Europa e nel mondo.
E ancora; come può l’Italia, allegando i suoi attuali impegni militari al servizio della Comunità internazionale, escludere ogni nostro impegno, anche di carattere militare, volto a mettere sotto controllo e bonificare l’attuale esplosiva situazione che da molti mesi caratterizza la Libia, le cui coste mediterranee sono a poche miglia da casa nostra? Osservo al riguardo che il ricorrente richiamo alla fallimentare spedizione anglo-francese che ha liquidato il regime del Colonnello Gheddafi è del tutto irrilevante nel mutato scenario libico e mondiale.
Come non vedere che spetta quanto meno all’Italia, come ha suggerito Eugenio Scalfari nel suo ultimo editoriale su La Repubblica, il compito di organizzare e difendere i campi di accoglienza ed identificazione dei migranti provenienti dai territori sub-sahariani?
E perchè mai, di fronte ad un tornante cruciale della nostra storia, non si è ancora svolto un dibattito parlamentare adeguato alla gravità dell’ora?
Questo confronto, di cui non v’è finora traccia nelle assemblee elettive regionali e locali, potrebbe ancora determinare una correzione della rotta del nostro Governo, nella consapevolezza che le nostre Forze Armate sono in grado di far fronte con onore ed alta professionalità ai loro compiti.
Lasciami sperare, caro direttore, che il Presidente Renzi, re melius perpensa, vorrà provvedere ad un saggio, graduale ravvedimento operoso.
Sono comunque grato a Te e ai compagni parlamentari del PSI per quanto avete fatto e farete per correggere l’opzione del “basso profilo”, che contrasta anche con il nostro rango di Stato fondatore della Comunità Europea e di membro costitutivo, nella lontana primavera del 1949, dell’Alleanza Atlantica.
Fabio Fabbri
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