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Addio Fidel

28 Novembre 2016 1.387 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Quando coi suoi barbudos riuscì a scalzare la dittatura di Battista, il mondo guardò a lui e al suo Che Guevara come a dei liberatori. L’isola di Cuba era sottomessa economicamente agli Stati uniti, povera e sfruttata. Si annunciava il nuovo capitolo della rivoluzione castrista, quella costituita da un governo per l’esaltazione della indipendenza nazionale e per l’uguaglianza sociale. Guevara se ne distaccò quasi subito sentendosi più adatto a combattere nuove battaglie in America latina che a governare. Castro divenne il capo assoluto, e dopo un fallito tentativi di compromesso con gli Usa, nazionalizzò le ricchezze americane, cacciò o incarcerò i dissidenti, molti vennero fucilati.

Si instaurò una vera e propria dittatura comunista, con una singolare caratteristica: quella di essere collocata a pochi chilometri di mare dagli Usa, potentissimi detentori della bomba atomica. Dopo il fallito tentativo della Baia dei porci, nel 1962 il mondo fu sull’orlo della terza guerra mondiale. Fidel aveva accettato di installare a Cuba missili nucleari degli alleati sovietici, che della Cuba castrista erano protettori, e che avrebbero potuto distruggere intere città americane. Il presidente Kennedy affrontò la situazione con moderazione e freddezza. Alla fine le navi di Krusciov, che avrebbero dovuto trasportare a Cuba i missili, si trovarono faccia a faccia con quelle statunitensi ed ebbero l’ordine di fare marcia indietro in cambio di una assicurazione americana di non tentare altri colpi di stato a Cuba.

Ciononostante i tentativi di colpire Castro furono numerosi anche dopo. Fabian Escalante, a lungo guardia del corpo di Fidel Castro, fornisce cifre difficilmente verificabili e parla addirittura di 638 casi (di cui 192 per opera dell’amministrazione Reagan). Un numero spropositato. Tuttavia è evidente che gli americani sapevano bene che colpire il Lider Maximo sarebbe stato fatale per il regime cubano che in Fidel si identificava. Si parla di un rapporto particolare tra Castro e il popolo cubano. Non vi è dubbio che fu suo merito quello di esaltare il nazionalismo di questa piccola isola, di farle assumere un ruolo rilevante nello scacchiere internazionale, di avere retto, per la verità sempre col supporto sovietico, alle incursioni pesanti dei vicini americani, configurandosi come un Davide che sconfigge Golia.

Sul piano sociale molte conquiste si sono rese praticabili. La scuola, la sanità, i servizi sociali non sono paragonabili a quelli di altri stati limitrofi. Resta una situazione di allarmante povertà che le ricette del comunismo non hanno saputo eliminare e soprattutto una condizione di allarmante repressione e negazione dei più elementari diritti di libertà, di organizzazione democratica, di stampa e di parola. Esiste solo un partito, il comunista, tutti gli altri sono vietati per legge, i dissidenti vengono incarcerati, gli omosessuali anche, con un disprezzo per la libertà sessuale sconcertante e tipico dei regimi più odiosi. Dopo il passaggio di consegne al fratello Raul pare che qualche spiraglio liberale sia stato aperto. Dopo la relativa normalizzazione, sotto Obama, dei rapporti con gli Usa e dopo gli incontri con due papi, anche il regime pare divenuto meno rigido.

La figura di Fidel va consegnata alla storia, come giustamente ha dichiarato l’ex presidente Obama, che nei toni e nel contenuto ha sostanzialmente corretto le ruvide e aggressive parole del presidente Trump. Penso che quello di Fidel non sia, non sia mai stato, una forma di socialismo accettabile, ma solo l’ennesimo e fallito tentativo di comunismo autoritario. Quelli europei sono crollati nel 1989, quello di Castro ha retto fino alla sua morte, assieme al singolare regime cinese, che concilia ad un tempo il più selvaggio liberismo economico e il partito comunista unico. Penso che con la morte di Castro si sia chiusa un’epoca, quella della grande e tragica illusione comunista, che ha avvinto generazioni intere, per la quale molti hanno donato la loro vita, ma che non ha saputo o voluto conciliare libertà e giustizia sociale, finendo per soffocare la prima senza nemmeno esaltare la seconda. Con questo spirito critico, ma senza la presunzione di condanne sommarie, oggi commento la morte di un leader carismatico e potente come Fidel Castro.

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