Tra Renzi e Gentiloni
Nessuno ricopre l’incarico di presidente del Consiglio con la lettera di dimissioni in tasca. Questo era un metodo che si praticava per gli amministratori locali negli anni cinquanta da parte di una sinistra stalinista. I partiti democratici non hanno mai preteso che un eletto o un nominato fosse alla berlina di qualcun altro, se non della propria coscienza e degli eventi politici. Anche la vicenda Verdini è stata interpretata come una sorta di assicurazione di Renzi sulla brevità del percorso governativo. Solo una informazione volutamente dietrologa e superficiale può pensare che il nuovo presidente del Consiglio scelga di non nominare un ministro verdiniano per trovarsi con una maggioranza più debole, anzi vacillante. E per far piacere al suo predecessore.
La verità é che prima o poi, forse più prima che poi, emergeranno le differenze. Personalmente non credo che a Renzi convenga votare a breve. Dove probabilmente superare lo scoglio del congresso del suo partito. Deve soprattutto riciclarsi dopo la disfatta referendaria. Non sarà facile una resurrezione. Ma anche se a lui interessasse accorciare i tempi, ci sarà non solo Gentiloni a mettere un freno, ma ci saranno anche i parlamentari del Pd che, come tutti i parlamentari, non gioiscono per uno scioglimento delle Camere. E perfino il Pd che, come ha ricordato Cuperlo, non teme il voto, ma semmai i risultati.
Inimmaginabile è un conflitto Renzi-Gentiloni simile a quello sperimentato tra il segretario del Pd ed Enrico Letta. Per due semplici motivi. Primo, perché dopo il “sereno” Gentiloni, non può tornare Renzi, senza che vi siano le elezioni in mezzo. Secondo, perché c’è stata la sconfitta referendaria. E sarebbe assurdo che, dopo aver dato le dimissioni da presidente del Consiglio, Renzi si mettesse a fare la voce grossa contro un presidente da lui stesso appoggiato. Penso che Gentiloni che, come dice il suo cognome, inaugurerà una stagione di mite convivenza, senza annunci pirotecnici, senza sfidare il mondo, troverà anche nei paragoni col suo predecessore qualche ragione per resistere.
Il presidente del Consiglio ha detto che il governo durerà finché avrà la fiducia del Parlamento. Non fino a a quando avrà approvato la legge elettorale. Attenzione. La palla per chiudere in anticipo la legislatura viene lanciata al Pd, soprattutto, e alla maggioranza. Non è un passaggio privo di significato quello di Gentiloni, che non è completamente intonato con l’intervento del capogruppo del Pd alla Camera Rosato, che ha parlato di un governo non di legislatura. Immagino che dopo avere approvato la legge elettorale, e non sarà operazione semplice, dovrà essere il Pd e il suo segretario (sarà ancora Renzi?) a tagliare la strada, se lo vorrà, a Gentiloni. Forse senza gentilezza alcuna. E non sarà facile, perché, si dirà, mancano pochi mesi. E si arriverà alla fine…
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