Renzi e la fine di Craxi
Non sto paragonando Renzi a Craxi e lo scrivo subito per non generare equivoci e commenti fuori luogo. Craxi era diverso da Renzi per stile, esperienza e cultura politica. Tuttavia ragioniamo su quel che avvenne nel 1992 e su quel che sta avvenendo in queste settimane. Alle elezioni dell’aprile del 1992 il Psi perse lo 0,7 per cento. Si interruppe, a causa dell’avanzata della Lega al Nord, e questo anche come effetto di errori politici del Psi dopo l’ottantanove, la cosiddetta onda lunga socialista. Il mese prima era stato arrestato Mario Chiesa. Dopo il risultato elettorale, che segnò il primo indebolimento politico di Craxi, la Procura di Milano iniziò a dar la caccia al cinghialone, prima con gli avvisi di garanzia agli ex sindaci di Milano Tognoli e Pillitteri e poi, in un crescendo impressionante di provvedimenti giudiziari che costarono la vita a Moroni, Amorese e Balzamo, arrivò direttamente a Craxi nel dicembre dello stesso anno.
Se le elezioni del 1992 avessero segnato una vittoria socialista e un conseguente rafforzamento del leader del Psi la magistratura avrebbe orientato nella stessa direzione le indagini? Ne dubito. Come mai, l’anno prima, la cosiddetta Duomo connection finì in una bolla di sapone? E davvero i magistrati milanesi e Di Pietro in primis non conoscevano, anche nei dettagli, il livello di coinvolgimento dei partiti meneghini nel reperimento illegale di risorse? Sarebbe difficile da credere. Scelsero il momento propizio. Non sono stati loro stessi a suggerire, nel maggio, al neo presidente della Repubblica, eletto anche su indicazione di Craxi, Oscar Luigi Scalfaro, di non dare al segretario del Psi l’incarico di formare il governo? Cosa sarebbe successo se Scalfaro, anziché piegarsi alla volontà di Borrelli, avesse mantenuto fede alle promesse? Come mai il nuovo presidente del Consiglio Giuliano Amato, assieme ai presidenti di Camera e Senato, Napolitano e Spadolini, sono stati, assieme allo stesso Scalfaro, tra i pochi esentati da inchieste e da avvisi di garanzia? Questo lodo giudiziario sarebbe stato applicato anche a Craxi, da presidente del Consiglio? Domande che rimandano a una risposta logica.
Oggi Renzi viene investito da un ciclone politico, mediatico, giudiziario, un mix bestiale, da cui non se ne esce. Si fa presto oggi a sostenere che un avviso di garanzia non é una condanna. Lo era eccome ai tempi di Tangentopoli e purtroppo lo é anche oggi nell’intreccio tra clamore dell’azione giudiziaria, processi sommari dell’opinione pubblica, amplificazione da parte degli organi di informazione. Lotti é indagato, ma non condannato. Eppure anche autorevoli esponenti del Pd, oltre naturalmente agli scissionisti, ne chiedono la rimozione da ministro. Quel che sta avvenendo merita la stessa domanda rivolta precedentemente. E cioè: se Renzi, anziché perdere il referendum, l’avesse vinto, si sarebbe mossa la magistratura contro Lotti e sarebbero uscite le gravi notizie di coinvolgimento di papà Tiziano nello scandalo Consip?
Se Renzi avesse vinto il referendum probabilmente non ci sarebbero state la scissione, la sfida all’okay Koral di Emiliano, la dissociazione di Orlando, forse non si sarebbero nemmeno verificati i fuorionda di Delrio. E’ evidente che la magistratura ha atteso il momento propizio. Una sconfitta elettorale, una scissione, l’avvento di stupide primarie con un aspro, lacerante, pericoloso conflitto interno, hanno aperto il varco. Poco importa che la stessa vicenda fosse nota ben prima. Per agire sulla politica l’ordine giudiziario ha bisogno del consenso, al quale poi si adeguano pedissequamente gli organi d’informazione. Tutto chiaro. Vedremo gli sviluppi, anche se ormai l’alleanza esplosiva tra magistrati e mass media pare consacrata. Sono venticinque anni che l’Italia attende una riforma della giustizia di stampo europeo con magistratura inquirente e giudicante assolutamente autonome e indipendenti nelle carriere e negli organi di autogoverno. Non si può scherzare su questo e poi lamentarsi degli effetti solo quando si é colpiti. Verrebbe proprio voglia di dire: chi é causa del suo mal…
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