Sì Marco, mi manchi
Un anno senza Marco é passato. Sembra un secolo. La politica italiana senza Pannella é più noiosa, meno sensuale, più burocratica e triste. Riporto, tra le tante che ho letto, alcune memorie personali. Comincio dalla fine. Da quel giorno in cui alla sede di via di Torre Argentina scherzosamente lo invitai al mio funerale e lui rispose ridendo divertito (sapeva di essere malato e di non avere vita lunga). Fino al primo incontro a Reggio Emilia nei primi anni settanta, quando a pranzo bevette un cappuccino per uno sciopero della fame. Non voglio parlare delle scelte politiche, spesso coraggiose, a volte temerarie di Marco, quasi sempre condite con un energico humus da eretico di mestiere, un nuovo modello di leaderismo col gusto della solitudine. Quasi un eremita della politica, Marco, uno che si concedeva a tutti pur che gli si consentisse di vivere nel suo rifugio d’alta quota.
Marco amava la vita, amava la politica, adorava se stesso e le sue lotte. Ma amava anche il prossimo. Anche i suoi avversari che voleva convincere con la passione della forza delle sue idee. Amava anche quelli che lo avevano abbandonato. Da illuminista volteriano non usò mai la retorica partitocratica del tradimento. Mi parlava bene di Rutelli, di Della Vedova, di Fitto, di Giachetti, di tutti quelli che venivano dalla sua scuola. Sconfessarli sarebbe stato come sconfessare se stesso. Non aveva un soldo Marco e viveva in una sorta di “comune” definita Panetteria. Negli ultimi giorni di vita era tutto un pellegrinaggio per condoglianze anticipate che gli facevano un gran piacere. Come Trimalcione avrebbe volentieri partecipato alle sue esequie e magari scritto lui stesso (anzi improvvisato) la sua commemorazione.
Senza Pannella non solo la mia vita, ma quella di tanti suoi amici, sarebbe stata diversa. Non potrò mai dimenticare né la sua venuta a Pescara nella primavera del 2008 per la mia campagna elettorale come capolista del Psi in Abruzzo mentre i radicali erano nelle liste del Pd, né il suo invito a svolgere la relazione introduttiva degli stati generali laici che si svolsero poco dopo a Chianciano convocati da lui e da me. Un onore di cui vado fiero. Cosi come, ovviamente, non posso dimenticare che senza Marco l’Italia sarebbe meno libera e che anche grazie alla sua energia, alla sua velocità e alle sue lotte sono state approvate le leggi che portano il nome del nostro grande Loris Fortuna. Era difficile dialogare con Marco. Lui era uno che ti catturava. Voleva conquistarti, non convincerti. Mi capitò una volta, qualche anno fa, credo tra il 2006 e il 2008, quando ero deputato, di pranzare fino a tardo pomeriggio con lui in un ristorante vicino a via del Tritone. Un pranzo (lui non era in sciopero della fame e divorava anziché mangiare) con i fuochi d’artificio. Mi raccontò mezza vita sua. Era la storia d’Italia…
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