Parenti e af… Fini
Ho sempre nutrito stima nei confronti di Gianfranco Fini, quella che mi hanno sempre suscitato i politici veri, quella che non ho mai negato a Massimo D’Alema, quella che mi riusciva più complicato esternare verso personalità come Berlusconi, Renzi, Di Pietro e Prodi, più pre o post politiche. Tuttavia che intere legioni del Msi avessero circondato via del Corso nel 1993 al grido di Ladri, che avessero minacciato il nostro Ugo Intini, che avessero sbraitato anche nell’Aula di Montecitorio non meno della Lega di Bossi non me l’ero dimenticato. Non Fini, per la verità, capace sempre di unire freddezza e cinismo, nonché un certo disprezzo anche dei suoi. Oggi l’ex leader del Msi e fondatore di An é al centro di una grave e a quel che pare motivata inchiesta sui fondi derivati dalla vendita della casa di Montecarlo e dai finanziamenti irregolari ottenuti sui conti della moglie Elisabetta Tuliani e del fratello latitante nonché in polizze assicurative sulle figlie, versati dall’imprenditore Corallo, il re delle slot machines. Non esulto, anzi. Mi fa tristezza questa eclissi di una personalità preparata e così poco accorta, finita nelle maglie di nuovi affetti, famiglie e conoscenze pericolose. E quel che mi rattrista ancor di più é la frase del suo ex amico di partito Francesco Storace: “Se non fosse per il reato di induzione al suicidio, consiglierei a Fini di spararsi”. Truculenza da fascista della prima ora. Una condanna a morte già prima del processo. Praticata con questa sequenza neppure da Goring a Norimberga…
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