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Strage di via D’Amelio: le accuse di Fiammetta Borsellino

19 Luglio 2017 691 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

E’ trascorso già un quarto di secolo dalla strage di Capaci e da quella di via D’Amelio di Palermo, della quale proprio oggi ricorre l’anniversario, in cui persero la vita i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E tanti anni non sono bastati per arrivare in fondo alla verità sui motivi, i mandanti, gli esecutori, in un crogiuolo di processi, uno, bis, ter, di dichiarazioni e di smentite di pentiti e di semplici criminali e depistatori. Per entrambe le stragi é stata condannata la cupola mafiosa che già alla fine del 1991, dopo le sentenze del maxi processo, aveva condannato a morte Falcone, il ministro Martelli che chiamò Falcone al suo ministero, e lo stesso Costanzo, che scampò ad un attentato poco dopo. Questo lungo e ingarbugliato iter riguarda soprattutto il delitto Borsellino e quello dei suoi uomini della scorta, come ha inteso ricordare oggi lo stesso Presidente della Repubblica. Il grido di dolore e di accusa lanciato sul Corriere dall’ultima figlia di Borsellino, Fiammetta, merita quanto meno una seria riflessione.

La figlia di Borsellino torna a chiedere giustizia: “Consegnerò inconfutabili atti processuali dai quali si evincono le manovre per occultare la verità sulla trama di via D’Amelio”, sostiene mentre si avvicina il suo appuntamento con la Commissione antimafia. Poi lancia strali contro la procura di Caltanissetta che definisce “una Procura massonica guidata da Gianni Tinebra, che é morto, ma dove c’erano Annamaria Palma, Carmelo Petralia, Nino Di Matteo, altri…”.. Su Di Matteo dice che era un magistrato alle prime armi ma che suo padre avrebbe meritato non certo un magistrato alle prime armi. Ma la parte più inquietante dell’intervista é quando ricorda i nomi e cognomi e le denunce circostanziate rivelati alla trasmissione di Fabio Fazio e i silenzi e l’isolamento a cui é stata confinata.

Non si può dimenticare infatti che Paolo Borsellino stava proprio indagando sui rapporti tra mafia, appalti e potere economico e lì si trova innanzitutto il motivo del suo omicidio. Che magistrati di Caltanissetta e di Palermo, con il giudice Gianmanco che già aveva isolato Giovanni Falcone e coi suoi successori, abbiano orientato tutte le indagini esclusivamente sul rapporto mafia-politica é un fatto. Il 1992 è l’anno di Mani pulite e dello scardinamento del sistema politico. Anche le stragi di mafia, comprese quelle del 1993, vennero lette come tentativo del sistema di difendersi. Lettura folle, a distanza di anni.

Tanto più che il governo Andreotti-Martelli é quello che si caratterizza per le leggi e le disposizioni più dure nei confronti della mafia. Difficile non leggere in questo modo l’omicidio di Salvo Lima avvenuto ad inizio primavera e poi la stessa scelta dei tempi (eravamo a Camere riunite per eleggere il presidente della Repubblica e dopo la caduta di Forlani qualcuno pareva orientato a giocare la carta Andeotti) della strage di Capaci, che obbligò i partiti a individuare un esponente immediatamente eleggibile e la scelta cadde sul presidente della Camera Scalfaro (l’altro candidato era il presidente del Senato Spadolini). Nessuno allora volle seriamente indagare sul perimetro oggi ricordato dalla figlia di Paolo. Sembrava forse troppo riduttivo, scarsamente gratificante e appetibile. Così a 25 anni di distanza, tra errori e colpevoli distrazioni, il sangue di via D’Amelio é ancora privo di una giustizia definitiva. L’Avanti non può che sposare in pieno il grido di dolore di Fiammetta Borsellno. Seguirà da vicino tutte le sue denunce.

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