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Lo scherzo di Natale

27 Dicembre 2018 720 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Dunque il bivacco. Non dei manipoli, ma dei senatori. Il bivacco di Natale. Non per affrontare, come è  già capitato, penso a qualche finanziaria degli anni ottanta, o addirittura alla battaglia contro la cosiddetta legge truffa del 1953, l’ostruzionismo dell’opposizione e i suoi emendamenti a raffica. No, il bivacco era solo d’attesa. Una lunga estenuante attesa di una legge di bilancio che non arrivava. Mai accaduto nella storia repubblicana che un governo non presentasse al Senato un testo da discutere e da votare. Mai accaduto che quel testo arrivasse in extremis e non passasse al vaglio della commissione preposta. Mai accaduto che il testo poi presentato in aula differisse nella sostanza da quello votato alla Camera. Ma questo é il governo del cambiamento, il governo del popolo. E la legge di bilancio era la legge del popolo. Diamo un’occhiata.

Dopo avere inveito con parole grasse contro l’Europa facendoci perdere miliardi di interesse con lo spread che volava, eccoli i nostri duellanti deporre le armi e accettare il consiglio di Tsipras (“Fate adesso quello che vi faranno fare dopo”). Potevano evitare di perdere soldi e credibilità. E far la festa del balcone. Non era per via di quel 2,4 che era considerato intoccabile? Adesso hanno solo spostato un decimale e siamo al 2,04. Chi vuoi che se ne accorga che mancano più di 6 miliardi, Toninelli? Sul balcone non si agita nessuno.

Pensiamo ai due miliardi tagliati per quota cento e al miliardo e novecento milioni che vengono meno al reddito di cittadinanza. Voglio solo sottolineare che la platea del primo, coi i tre-sei mesi di rinvio per i pensionati privati-pubblici, alla fine si ridurrà a meno di 300mila italiani, ma con pensione calcolata a 62 anni e con 38 di contributi e dunque con una percentuale di taglio che si avvertirà soprattutto tra le fasce deboli, quelle che paradossalmente si intendevano tutelare. Aggiungiamo che le nuove norme si applicheranno solo per un triennio. Da qui a smontare la legge Fornero, come si era proclamato, ce ne passa. La Flat tax resta un’eccezione dell’eccezione. Viene applicata solo alle partite Iva ma non a tutte, solo a quelle fino a 65mila euro l’anno e che non devono denunciare un’Iva speciale come quella del settore agricolo o ittico. Esclusi anche coloro che hanno azioni in qualsiasi tipo di società. Se pensiamo che finora quell’aliquota era riservata a chi denunciava fino a 30mila euro, senza altre condizioni, tra la nuova e la vecchia norma ci passa il filo.

Poi il reddito di cittadinanza. Qui, finora, siamo al Mistero di cittadinanza. Per due motivi. Manca ancora la legge, ma Di Maio e compagnia vogliono assolutamente iniziare a distribuire soldi entro marzo-aprile. Cioè prima delle elezioni europee. Che magnifici innovatori. Risulta però pressoché impossibile che questo avvenga a meno di non combinare un pasticcio. Vogliono potenziare i centri per l’impiego e per questo é stato stanziato un miliardo, anche per assumere centomila tutor o navigator. Giusto. Occorre una grande ricerca e un lavoro analitico di scelta e di controllo. Abbiamo l’evasione più alta d’Europa. Quanti sono gli evasori tra i cinque milioni che denunciano un reddito inferiore ai 9mila euro l’anno? Gli innovatori non ci sentono. Sai quanti voti ha preso Renzi cogli 80 euro? Noi con 780 faremo il pieno, presumono. Il secondo motivo risponde a un semplice calcolo aritmetico. I miliardi a disposizione sono solo 6 (ai 7,1 stanziati va tolto il miliardo per i centri per l’impiego). Anche considerando una platea di 1 milione e 800 mila famiglie quanto può andare ad ognuna? Nessun calcolo porta alla meta dei vaticinati 780 euro, che peraltro vengono tuttora magnificati ad personam. E non si distanzia dalle cifre stanziate dal precedente e oggi abolito Rei del governo Gentiloni. Tanto rumor per cosa?

Ma quel che più preoccupa é il taglio per spese di investimenti e l’introduzione di nuove tasse per le imprese. Esattamente il contrario di quel che si sarebbe dovuto fare. Passiamo per gli investimenti da oltre 9 miliardi previsti a poco più di 3. Un’inezia. E proprio nel momento in cui il paese rischia la recessione. Per ironia della sorte viene abolita l’agevolazione Ires per le fondazioni e per il terzo settore. Da non credere, a proposito di lotta per abolire la povertà. Quel che si sarebbe dovuto fare è il contrario. Certo, mantenere e aumentare il Rei, perché è giusto assicurare a tutti un minimo vitale, ma soprattutto stanziare fior di miliardi per un piano massiccio di investimenti pubblici a partire dalla messa in sicurezza del malandato nostro territorio e per completare tutte le opere pubbliche iniziate o solo programmate, anche quelle contestate dai Cinque stelle, e nel contempo detassare il costo del lavoro, in particolare quello relativo alle prime assunzioni. In modo massiccio e non con semplici bonus. E se proprio si volevano recuperare risorse i nostri sovranisti avrebbero potuto reintrodurre l’Ici per la prima casa di lusso. Con queste misure si poteva tranquillamente restare al 2,4 e magari sfiorare il tre. In Europa si poteva recare più d’una giustificazione. Aumentare il Pil e l’occupazione porta ad un abbassamento del rapporto tra deficit e Pil in prospettiva e anche alla diminuzione del rapporto tra debito e Pil. Semmai è questa la critica che si deve fare ai governo Renzi e Gentiloni. E l’Europa non poteva non consentire all’Italia quel ha consentito alla Spagna. Cioé di non aumentare il deficit strutturale, ma solo quello occasionale per poter rientrare nei parametri attraverso la crescita. I nostri piccoli governanti dubito che ne conoscano la differenza.

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