Diciamo subito che da sempre abbiamo difeso la politica dall’attacco della magistratura. “Cosa vuol dire avere un metro e mezzo di statura”, cantavamo con Fabrizio De Andrè. E non ci riferivamo certo alla Meloni ma a un giudice stressato. Lo abbiamo fatto perché la magistratura ha attaccato la politica per motivazioni politiche, proprio come scrive in una mail il magistrato Patarnello di Magistratura democratica, che detiene importanti incarichi istituzionali, e che in sostanza sostiene che Berlusconi lottava contro le toghe per motivi suoi e che invece Meloni lo fa per motivi politici ed é più pericolosa. Questo d’altronde fa il paio con l’affermazione, contenuta nel libro di Palamara, che ricorda che la magistratura doveva fare una scelta politica contro il governo Berlusconi. Questo in attesa che venga fatta piena luce su Tangentopoli, un vero colpo di stato delle toghe contro la politica, a fronte del quale (contrariamente ai casi Orlandi e Gregori) il Parlamento non ha avvertito finora l’esigenza di costituire una commissione d’indagine. La mail di Patarnello si aggancia alla decisione della magistratura romana di non convalidare il trasferimento dei 16 migranti (dieci dal Bangladesh e sei dall’Egitto) in nome di una sentenza della Corte europea del 4 ottobre che prevede la distinzione tra paesi sicuri e paesi insicuri, precisando in buona sostanza che paesi insicuri sono quelli che mancano di democrazia e perseguitano gli oppositori. Per la verità non ci sarebbe stato neanche bisogno, per l’Italia, di questa sentenza giacché l’articolo 10 della Costituzione stabilisce l’obbligo di ospitalità e di asilo per “lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana” e che costui “ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”. Ora é vero che la Convenzione di Ginevra del 1951 restringeva tale diritto d’asilo solo ai Paesi europei e che fino alla fine degli anni ottanta, il tema dell’asilo politico era riferito ai profughi di paesi comunisti e fascisti e non certo all’immigrazione africana che diverrà massiccia solo a partire dagli anni novanta e che solo con la Legge Martelli del 1990 venne presa in considerazione in termini di diritti d’asilo e respingimenti. Ora è vero che la legge Bossi-Fini che stabilisce la differenza tra migranti politici e migranti economici (distinzione assai precaria e difficile da riscontrare) e stata dichiarata costituzionale e che di fatto al dettato costituzionale della mancanza effettiva delle libertà democratiche e stato sostituito, ma non si comprende in quale punto della legge, quello generico di rischio di incolumità per conflitto bellico. L’intervento della sentenza della Corte europea lascia però a ogni singolo paese l’individuazione dei paesi sicuri. Strano che l’Italia, secondo me opportunamente, non vi abbia inserito Bangladesh e Egitto, dove esistono dittature militari e in quest’ultimo paese un regime di tortura che l’Italia ha ben toccato per mano. Tanto che pare debba servire un nuovo decreto per aggiungere i due paesi in un elenco di paesi sicuri previsto dalla Corte europea. Il governo ha torto, torto marcio se considera la maggior parte dei paesi africani come sicuri. Che dire della Libia, dove non si capisce chi comanda e le vittime di uno scontro bellico non si contano. Ma io non credo che l’attacco della magistratura al governo dipenda da questi grossolani errori di valutazione democratica. Penso dipenda, infatti l’opposizione si concentra sul ministro Nordio, dal progetto di riforma che prevede la separazione delle carriere dei magistrati e soprattutto dalla procedura di nomina per sorteggio del Csm. Si prepara un vero scontro. La madre di tutti gli scontri tra magistratura e politica del dale il processo Salvini e queste schermaglie sugli immigrati sono solo una premessa. Ma bisogna che, almeno su questo, il governo non dica una cosa e ne faccia un’altra. Almeno l’Italia si consideri un paese sicuro.