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Portanova: la mia opinione
Rispetto l’opinione che, su quel che è divenuto il caso Portanova, hanno espresso Liusca Boni e l’onorevole Ilenia Malavasi. Devo tuttavia rilevare una contraddizione nelle loro posizioni. Entrambe ammettono che una condanna di primo grado non è una condanna definitiva (aggiungo che i casi clamorosi di ribaltamento delle sentenze sono all’ordine del giorno, la più recente riguarda il calciatore francese Benjamin Mendy), ma ugualmente esse ragionano come se la sentenza fosse definitiva. Mi chiedo sommessamente se un lavoratore dopo una condanna di primo grado, che non è quasi mai esecutiva, deve perdere il suo lavoro. E visto che il lavoro di Portanova è quello di calciatore, se un calciatore dopo una condanna di primo grado non debba più svolgere la sua professione. Sarebbe molto grave che questa convinzione fosse estesa a tutti. Perchè generalizzando le posizioni di Liusca e di Ilenia a questo si arriverebbe. Ma dico di più. E’ stato giusto che il nostro ex Michele Padovano sia stato praticamente espulso dal calcio ove era intento a sperimentarsi come direttore sportivo, e poi sia stato dichiarato innocente in Appello dopo ben 17 anni? Chi lo risarcirà dei danni non solo morali prodotti? E ancora. Nessuno si è posto il problema della accusa per violenza sessuale di Kobe Bryant a cui Reggio Emilia ha dedicato una piazza? Pare, secondo i giornalisti americani, che per tacitare la diciassettenne che lo aveva denunciato nel 2003, il campione sia stato costretto a versarle ben 2milioni e mezzo di dollari. E di Cristiano Ronaldo ne vogliamo parlare? Accusato di violenza sessuale da una modella nel 2010 le parti in causa si misero d’accordo per il pagamento da parte del portoghese di 375mila dollari. E di Maradona? Qui non basterebbe un articolo. Eppure i grandi campioni Bryant, Ronaldo e Maradona sono stati osannati e riveriti sempre. Un po’ di moderazione, dunque. Se Portanova verrà ritenuto colpevole a processi espletati è giusto che paghi per un crimine odioso. Ma fino a che la condanna non sarà definitiva è giusto che possa lavorare. Anche se non si chiama Ronaldo o Maradona. Un precedente a Reggio. Si. Nel 1950 la Reggiana ingaggiò l’ex torinese Guido Tieghi che aveva pagato con un anno e mezzo di galera un omicidio politico del dopoguerra e poi venne assolto. A Reggio lo aspettarono col pugno chiuso. Altri tempi…
18 Luglio 2023 No Comments 484 views

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Cefalota: la politica come passione
La politica sempre. Come espressione di un’idea. Franco Cefalota te la offriva talvolta con ossessione e con modi piuttosto travolgenti. Ma era la sua ragione di vita. E per questo te ne parlava, in cento o in due come talvolta ci trovammo ad essere. Con eguale spirito. Non so da dove provenisse ma una erre roteante me lo facevano di origini piacentine. Lo conobbi quand’era nel Pdup, derivazione del vecchio Psiup, sciolto dopo l’insuccesso elettorale del 1972 e unificato col gruppo del Manifesto di Pintor e Rossanda. Poi la conversione riformista e dal Pds, al quale aveva aderito e del quale era divenuto capogruppo consigliare in Provincia, l’adesione con l’amica Anna Catellani al Mur, movimento per l’unità riformista e alla federazione col Psi. Era per questo invitato a partecipare agli organi del Psi provinciale. E lui, Franco, non si lasciava scappare mai la possibilità di parlare. Anche quando andammo insieme da Craxi in piazza Duomo, lui fu quello che pronunciò più parole. Non parole a vanvera, ma sempre entrando nel merito. Perché, si può dire di tutto, ma non che Cefalota non fosse uno preparato. Abituato a leggere e studiare, dote che non é da tutti sapeva entrare in profondità nelle cose. Aveva divorato pacchi di libri: storia, filosofia, economia, letteratura. Col crollo della cosiddetta prima Repubblica, che ha segnato anche il tramonto delle ideologie e della grande politica, anche lui si mise fermo. Ma mai muto. Coltivò l’ossessione dei comitati, ne ricordo uno, quello denominato 14 luglio in onore della rivoluzione francese, e si dedicò anche ad aiutare gli altri. Lo rammento intento a spingere il comune a ricordarsi di Mario Monducci, che nei suoi ultimi anni di vita non se la passava per niente bene. Come anche lui, credo. Ma Franco era dotato della virtù rara dell’altruismo e della generosità. Attento sempre alle traversie degli amici, come quella dell’amico Paolo Lanzi, che pochi anni fa é mancato dopo aver contratto il covid. Ed era lui a tenere i rapporti coi parenti e cogli amici. Una delle ultime volte che lo vidi mi aveva invitato a partecipare a una sua conferenza. Eravamo noi due soli. Lui dietro un tavolo pieno di fogli e di appunti e io seduto di fronte. Gli dissi che non era il caso, ma lui voleva parlare come se di fronte avesse un pubblico di cento persone. Perché aveva qualcosa da dire, sempre. E di intelligente e mai banale. Ecco, ricordo quella mancata conferenza, in cui dovevano partecipare non cento, ma mille persone. Perché oggi si é soliti ascoltare chi non ha nulla da dire. E invece Franco aveva mille cose da comunicare. Peccato, quella volta, per gli assenti. Non sapranno mai cosa si sono persi.
17 Luglio 2023 No Comments 472 views

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Le toghe e la fifa del governo

Ma cos’è il concorso esterno in associazione mafiosa che anche l’Europa ci chiede di precisare?  Mantovano frena Nordio, la Serrachiani si congratula con lui, mentre la Meloni conferma la separazione delle carriere, ma rinvia la procedura della legge, che prevede una modifica costituzionale (dovrebbe essere diviso anche il Csm?), a tempi indefiniti. Lo dico anche per esperienza sia pure indiretta. Se il governo si piega o fa l’indiano su questa materia verrà travolto. E farà la fine dei governi precedenti che con l’Anm sono venuti a patti e sono stati costretti a produrre aria. Dalle opposizioni e in particolare dai riformisti e dai liberali del Pd mi aspetto che battano un colpo. Non voglio pensare che prendano tutti gli ordini dal Fatto travagliato. Essere garantisti e libertari, e cito Pannella e Fortuna, era nel Dna della sinistra italiana. Questo elemento è del tutto svanito perchè è svanito il Psi? Mi sorge il dubbio. E’ un dubbio relativo. Read the full story »

15 Luglio 2023 No Comments 279 views

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Com’é triste Venezi…
Beatrice Venezi é una direttrice d’orchestra che va per la maggiore. In un mondo, quello della lirica, in cui esiste una parola maschile che si abbina soltanto al femminile, cioè soprano, hanno dovuto invece portare al femminile la qualifica, per secoli, adattata solo al maschile: quella di direttore d’orchestra. Merito anche della Venezi che sta dirigendo in tutta Italia e non solo. Lei, lucchese, é particolarmente impegnata nel festival pucciniano di Torre del lago, paese in cui il maestro alloggiò per quasi una vita. Attaccata in Francia, perché consulente del ministro della Cultura Sangiuliano di un governo di centro-destra, come pericolosa fascista, ha alzato il tono concedendo nel finale del suo concertone inaugurale del festival, una sua versione dell’Inno a Roma, il patriottico pezzo che Giacomo Puccini musicò nel 1919. Apriti cielo. Il sindaco di Viareggio e il presidente della provincia non hanno presenziato per protesta. Sia ben chiaro. Puccini si occupava di politica come il sottoscritto di trigonometria e l’inno a Roma, scritto da Fausto Salvatori, suona come celebrazione della vittoria italiana nella prima guerra italiana perché nel 1919 gli italiani il fascismo non sapevano ancora cosa fosse. Puccini morì nel 1924 e gli echi per il delitto Matteotti, in quel novembre, facevano addirittura prevedere una rapida eclissi del nuovo regime. E’ vero che quel passo: “Sole che sorgi libero e giocondo” é risuonato spesso nel ventennio e anche in seguito utilizzato, come fu dallo stesso Msi. Ma la storia non si può cancellare. E nemmeno la musica di Puccini. Però Puccini poteva proprio fare a meno di produrre una musica di così infimo livello. Personalmente non avrei avuto dunque nulla da ridire sul fatto che le ridondanti note dell’Inno a Roma si fossero sparse sulla scalee dell’arena di Torre de Lago. Non lo avrei fatto, non per ragioni pseudo politiche dell’antifascismo di professione, ma solo per tutelare l’autore post wagneriano di Manon Lescaut, quello verista di Bohème, che in questo stesso luogo é ambientata nel 1968 (meglio che far morire Mimì di over dose come in una sciagurata messa in scena di qualche anno fa), il che ha fatto imbufalire Vittorio Sgarbi, l’autore delle orientali e parzialmente pentatoniche Butterflay e Turandot, e della fantastica Fanciulla del west dove melodia, armonie novecentesche, radici del country e del jazz risuonano e si intrecciano. Dunque per tutelare Puccini da una sua degenerazione. Anche Puccini non amava proprio questo Inno che avrà composto per seguire la moda di un’Italia innamorata della vittoria. Anzi arrivò addirittura a definirlo “una bella porcheria”. E non vale proprio la pena scomodare Wagner come fa la Venezi. Che Hitler amasse il Crepuscolo degli Dei non muta di una nota un capolavoro assoluto della musica dell’Ottocento. In questi settant’anni abbiamo assistito ai peggiori miscugli della musica e della politica. Mascagni e la sua Cavalleria non si dovevano mettere in scena per l’adesione del maestro livornese al fascismo (si ricordino anche le peripezie di autentici geni musicali quali Von Karajan e Furtwangler in Germania), mentre l’Andrea Chenier di Giordano era bocciata come opera contro rivoluzionaria. La sinistra totalitaria ha fatto danni irreparabili nella cultura della quale si riteneva erede assoluta. Così come l’ideologia giustizialista applicata alla musica dai tribunali di un’ideologia fallita. Ma qui con l’Inno a Roma non si presenta Puccini. Ma solo un artigianale compositore che utilizza i fiati come avvertenza di un percorso melodico inesistente. Che alza i toni dell’orchestra e induce i cantanti a muoversi come marionette del più greve patriottismo di maniera. Enfaticamente, e dunque ridicolmente. Un inno che, al contrario del pur modesto Inno di Mameli, induce proprio al sorriso di compassione. Meglio far ascoltare La Rondine, che gli austriaci in tempo di guerra avevano ordinato al maestro come operetta. E che é invece un altro suo graffio musicale riuscito. Sia pure potenzialmente anti patriottico…

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13 Luglio 2023 No Comments 215 views

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L’insostenibile leggerezza… del Psi

Omaggio a Milan Kundera, scrittore praghese defunto ultranovantenne, che nel 1975 decise di riparare in Francia perché aveva conosciuto a sufficienza il comunismo di Husak. L’autore de “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, ma anche di quell’esilarante saggio su “La lentezza”, si addice ai giorni nostri. Giorni in cui la leggerezza politica non é certo merito, ma la lentezza nel cambiare idea forse sì. Il segretario del Psi, partito che Masia dà ormai allo 0,1%, cioè talmente leggero da risultare inesistente, ha preso carta e penna e ha scritto a tutti i partiti di opposizione perché si diano una mossa. E ritrovino la perduta unità. Pochi giorni prima aveva disconosciuto il campo largo, la cornice di partiti a cui poi si é rivolto in termini solidali. Si può cambiare opinione. Ma con lentezza, dunque. Invece il segretario di un partito inesistente, ma con un nome glorioso, lo fa assai speditamente. Prima aveva annunciato la presentazione delle liste del suo partito alle europee, poi ha corretto il suo intento con la proposta di presentare assieme al Pd le liste del socialismo europeo, poi ha partecipato al summit delle liste civiche, infine con un’intervista ha bocciato il campo largo per poi farlo velocissimamente resuscitare con la lettera ai segretari dei partiti che lo compongono. La leggerezza, in questo caso, può anche essere sostenibile. Date le proporzioni della corporatura dell’essere. Dubito però che sfarfalleggiando così l’essere possa aumentare di qualche chilogrammo. Adesso si annunciano in modo tronfio gli stati generali del socialismo. Personalmente avrei preferito un convegno sullo stato del socialismo. E avrei lasciato qualche generale in pensione, sostenibile o insostenibile, in caserma.

12 Luglio 2023 No Comments 192 views

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Magistratura e governo

Violante dice spesso cose di buon senso a proposito del rapporto tra politica e magistratura. Nell’intervista rilasciata oggi al Corriere l’ex presidente della Camera sostiene che non é compito della magistratura, ma del Parlamento, fare le leggi che la magistratura deve applicare, che non sono i magistrati a definire il quadro normativo della lotta alla mafia e alla corruzione e che, in buona sostanza, l’Anm, che non rappresenta tutto il popolo, come il Parlamento, ma solo una sua parte, i magistrati, può dire la sua ma non tentare di imporre la sua. Read the full story »

10 Luglio 2023 No Comments 210 views

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L’Associazione socialista liberale e il futuro

Le cause della nostra dissociazione

Sono diverse. Elenchiamole.

Non aver preso in considerazione da subito una possibile alleanza con Più Europa e Azione, all’opposizione del Conte due e non aver voluto valorizzare il gruppo al Senato Psi-Italia viva, derubricandolo a mera scelta tecnica. Read the full story »

10 Luglio 2023 No Comments 210 views