Perché La Giustizia
Ritorna in campo un’antica testata dal titolo quanto mai attuale. Si tratta de “La Giustizia”, settimanale socialista fondato e diretto da Camillo Prampolini nel 1886 a Reggio Emilia (dunque dieci anni prima dell’uscita dell’Avanti) e che poi divenne anche quotidiano, diretto da Giovanni Zibordi, nel 1904. Nel sottotitolo pronunciava la frase tipica di un socialismo umanitario che divenne cristiano cogli articoli dello stesso Prampolini (celebre la sua Predica di Natale del 1897). E cioè che non si proclamava “l’odio per la classe dei ricchi, ma l’urgente bisogno di una riforma sociale”.
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I miei due incontri con Craxi ad Hammamet
Chiamai Craxi al telefono e la telefonata finì sui giornali. Ero forse intercettato anch’io visto che Bettino era in terra straniera. E la magistratura italiana nulla poteva. Era il 1995 e da un anno il Psi non c’era più, assieme a tutti i partiti della “cosiddetta Prima repubblica”, in realtà, sarebbe meglio dire “del vecchio sistema politico”, spazzato via dalla svolta dell’89 e poi dal combinato disposto della rivoluzione giudiziaria e dell’introduzione del sistema maggioritario. Decisi di andare a trovarlo. Lui gradì anche se nel 1992 avevo preso le distanze dalla sua politica. Avrei dovuto farlo prima e non dopo le elezioni e in piena burrasca. Pensavo che mentre tutto cambiava a una velocità così impressionante noi fossimo troppo fermi, lanciando verso i comunisti la giusta prospettiva dell’unità socialista senza scaraventargliela addosso, troppo dolcemente dunque e senza inserirla nella loro carne e nel loro destino. Senza posargliela sul piatto subito e senza subordinate, ritenendo invece che fosse solo una prospettiva del futuro, una sorta di sol dell’avvenire che poi non ho mai capito bene cosa mai fosse. Avevamo avuto tempo tre anni, dal 1989 al 1992, un triennio trascorso progettando il ritorno di Bettino a Palazzo Chigi come se la situazione politica italiana fosse imbalsamata. E invece stava crollando tutto. Read the full story »
Quel che Giorgia non dice
Cos’é la destra nel mondo? Anzi, cosa sono le destre? In verità nella storia ne abbiamo conosciute due: quella democratica e quella golpista e autoritaria. Quella che risulta impregnata di valori conservatori (magari trincerandosi dietro la triade Dio, patria e famiglia) e che non solo accetta le istituzioni democratiche, ma le difende a viso aperto, é contrassegnata non solo in Italia di esempi e sacrifici importanti. Vogliamo citare i casi di Francesco Saverio Nitti e Giovanni Amendola, tra i primi ad opporsi al fascismo, entrambi esponenti della più tradizionale cultura liberale osteggiata dalla sinistra? O il ruolo avuto in Francia per la liberazione dal nazismo del generale De Gaulle? In Italia é difficile dimenticare i casi di Randolfo Pacciardi e di Edgardo Sogno. Read the full story »
Questione socialista e Pd
La sostanziale differenza tra noi e i nostri coinquilini dell’attuale gruppo dirigente del Psi è la seguente: noi contestiamo le ragioni storiche e politiche della nascita e dell’esistenza del Pd come sintesi della cultura e della tradizione comunista e di quella democristiana (non a caso nelle sezioni campeggiano i ritratti di Berlinguer e di Moro), loro sono subalterni a questo partito legittimandolo storicamente e politicamente. Quest’ultima posizione dichiara implicitamente risolta la questione socialista in Italia. La nostra la tiene aperta. Anzi spalancata. A mio avviso per tenere ancora aperta questa questione vale ancora davvero la pena impegnarsi. Loro la risolvono sul piano europeo, noi la vogliamo e dobbiamo risolvere sul piano nazionale. E in questo senso ci muoveremo come Associazione e col giornale La Giustizia che uscirà a giorni. Lanceremo idee al congresso del Pd e al Terzo polo. Read the full story »
Quando il tifo é una malattia
Ancora scontri violenti tra bande di falsi tifosi. E proprio nell’area in cui trovò la morte Gabriele Sandri, il tifoso laziale che stava viaggiando alla volta di Milano. E’ dunque assai credibile che quel luogo sia stato scelto non a caso per una resa dei conti. Alla banda di napoletani forse era ancora fonte di ritorsione e di vendetta la morte di Ciro Esposito. Più che il modello inglese, che in questi casi non c’entra proprio nulla, bisognerebbe finalmente non ispirarsi al modello italiano. Quest’ultimo consente spesso di farla franca ai singoli stabilendo responsabilità collettive. La magistratura ordinaria colpisca i responsabili. Quella sportiva inibisca per ciascuno di loro un veto tassativo all’ingresso negli stadi. Per troppo tempo le autorità competenti hanno fatto finta di non vedere. Solo in Italia ci sono biglietti nominativi e posti tutti numerati. La verità é che ci sono aree intangibili e nelle curve nessuno impone nulla a nessuno per paura. Si é stabilita l’assurda norma di perseguitare il debole, cioè lo spettatore pacifico che deve restare al proprio posto o essere oggetto della indiscriminata chiusura del proprio settore senza avere alcuna responsabilità di un accaduto, e di tutelare i forti, cioè gli Ultras e i vari soggetti del tifo organizzato, che non vengono minimamente vigilati e che possono fare ciò che vogliono. Al massimo devono subire, al pari degli innocenti, una giornata di squalifica della loro curva. Basta col modello della responsabilità generale e dell’impunità personale. Gli stadi siano ripuliti di questa teppaglia. Le autorita preposte, con tutte le attrezzature di cui dispongono oggi, non possono non riconoscere i violenti. In Inghilterra se un tifoso getta in campo un oggetto viene arrestato. In Italia si preferisce costruire recinzioni più alte.
Pace e guerra
Ho ascoltato molti messaggi con auspici di pace che ovviamente condivido. La pace deve sempre essere, però, un obiettivo non disgiunto da altri due: la libertà e l’indipendenza nazionale. La pace non può mai essere rassegnazione alla sopraffazione e alla violenza altrui. In Iran é in corso un conflitto sanguinoso per mettere in evidenza agli occhi del mondo i crimini di una cruenta teocrazia. Le donne e i giovani iraniani non vogliono la pace, vogliono la libertà. Tutto il mondo civile e democratico deve far sentire la sua voce, mettendo in atto tutti gli strumenti possibili e utili per isolare sempre di più questo paese di stampo medioevale, dai caratteri barbari. Read the full story »
Presidenzialismo e riforma della giustizia
La Meloni lancia due grandi riforme: il presidenzialismo e la giustizia. Se fossi in Parlamento sarei all’opposizione ma su queste due riforme presterei la massima attenzione come del resto stanno facendo, dall’opposizione, Renzi e Calenda. Il presidenzialismo è solo una parola. Occorre precisare a quale modello ispirarsi: quello americano o il semipresodenzialismo alla francese? Oppure si tratta dell’elezione diretta del presidente del Consiglio oggi praticata solo in Israele? Ad ogni modo è giusto riflettere su questo punto che lo stesso Craxi ebbe a porre per primo nell’ormai lontano 1979. Sul progetto di riforma della giustizia di Nordio c’è poco da discutere E’ il nostro: separazione delle carriere, riforma dell’elezione del Csm, fine di un’obbligatorietà dell’azione penale trasformata in assoluta discrezionalità del singolo piemme, riforma dell’istituto del carcere preventivo. Le opposizioni su questo si divideranno: il Terzo polo e forse una parte del Pd favorevole, un’altra parte, la maggioranza del Pd, e i Cinque stelle contrarie. Noi, fuori dal Parlamento assieme ai compagni radicali, dobbiamo far sentire la nostra voce.