Disegno legge Pubblica Istruzione
Disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 210 del 2006: Disposizioni finanziarie urgenti in materia di pubblica istruzione (A.C. 1092);
27/6/06 – Discussione sulle linee generali –
4/7/06 Esame articoli; Dichiarazione di voto finale
DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI
Signor Presidente, quando ci si trova di fronte un disegno di legge di conversione di un decreto-legge largamente condiviso, perché ritenuto necessario da tutte le forze politiche, in un sistema falsamente bipolare, nel quale vengono sempre esaltate le differenze e viene marcato il conflitto, si tende naturalmente ad «allargare il tiro», per approfondire tale provvedimento nell’ambito di un contesto che richiede una discussione più complessiva. Si tratta, in questo caso, della riforma della scuola e degli esami di maturità.
Innanzitutto, penso sia giusto attenersi al provvedimento legislativo in esame per sottolineare come, in questa fase di passaggio di consegne tra un Governo ed un altro, l’attuale esecutivo abbia varato giustamente il presente decreto-legge, così come avrebbe fatto un Governo di colore diverso. Riteniamo doveroso sottolineare, quindi, questo elemento di consenso generale, alla luce di tale valutazione oggettiva dei fatti, per spendere poche parole in ordine alla questione più generale della riforma della scuola e degli esami di maturità. Reputiamo altresì doveroso affrontare, con riferimento al provvedimento in esame, alcune questioni particolari, soprattutto per ciò che riguarda – come ha precedentemente sottolineato, a mio avviso con correttezza, l’onorevole Aprea – il reperimento delle necessarie risorse finanziarie.
Senza andare troppo indietro nel tempo, basterebbe pensare alla mia generazione,
quando nei Licei, alla fine degli anni Sessanta, noi studenti rivendicavamo una riforma della scuola volta a superare il vecchio ordinamento, voluto dal ministro Gentile durante gli anni del fascismo. In fondo, se ci pensiamo bene, in questo dopoguerra (e sono passati tantissimi anni, oltre sessanta, dalla Liberazione) l’unica riforma organica del sistema educativo italiano è stata quella voluta, sotto il precedente Governo, dal ministro Letizia Moratti.
Di tale ministro si può pensare tutto il bene o tutto il male che si vuole, ma non si può non registrare questa verità, vale a dire come l’unica riforma organica del sistema educativo di questi decenni – la cui mancanza è stata sottolineata, paradossalmente, proprio dai grandi movimenti di protesta degli anni Sessanta e Settanta e dagli studenti, tra i quali allora vi era chi vi parla – sia stata proprio il citato provvedimento adottato dal precedente Governo.
Su questo punto, allora, attendo che il Governo in carica pronunci al più presto una parola chiara; vorrei, cioè, che rispondesse al seguente interrogativo: qual è, concretamente, la sua posizione in merito alla riforma Moratti? In altri termini, desidero sapere quali sono le parti che l’esecutivo intende modificare, se è vero, come ha sostenuto più volte Prodi in televisione, che, rispetto alle leggi approvate dal Governo Berlusconi, egli userà non la tecnica «della ruspa», ma quella «del cacciavite» (modificandone, quindi, solo alcune parti).
Ebbene, noi attendiamo una risposta dal Governo – magari non oggi, ma al più presto – che ci dica con chiarezza, visto che sono state sospese le sperimentazioni previste dalla legge, qual è la sua opinione in merito a questa legge, quali parti intende cambiare, per quali ragioni intende cambiarle, aprendo così un dibattito nella Commissione cultura – presieduta dall’onorevole Folena e della quale faccio parte – e, più in generale, in quest’aula.
Per quanto riguarda la questione dell’esame di maturità, è questo è davvero un paradosso, in Italia non si è mai riformata la scuola secondaria e primaria, mentre si è riformato quasi sempre l’esame di maturità: quando non si sa cosa fare, in questo Paese si cambia l’esame di maturità. Io ho fatto la maturità classica nel 1971 e ricordo benissimo che allora l’orale si svolgeva sulla base di due materie: una scelta dallo studente e l’altra dalla commissione, con commissari tutti esterni, tranne un commissario interno. Poi si è cambiato, si è ritornati all’antico e l’esame ha toccato ancora tutte le materie con commissari tutti interni; adesso si parla di riformare ulteriormente questo esame, in particolare la commissione, introducendo commissari misti, in parte interni e in parte esterni.
Mi chiedo se si voglia davvero procedere ancora a riformare un esame anziché riformare la scuola, perché penso che l’esame sia un elemento – vorrei usare un termine desueto – sovrastrutturale rispetto alla struttura scolastica, all’ordinamento scolastico, alla vita di una scuola, dove prevalenti devono essere gli studenti, gli insegnanti, le materie da insegnare, i metodi di insegnamento, la capacità di apprendimento, i testi, e non questo momento di pathos, in cui uno studente deve rivelare la propria onniscienza attraverso un esame: meglio se con una commissione composta da commissari che conoscono lo studente, peggio se, invece, tale commissione è composta da commissari esterni che vedono lo studente per la prima volta.
Quindi, non valuterei positivamente questa ulteriore modifica dell’esame di maturità: in primo luogo, perché non sono d’accordo che si continui a modificare l’esame di maturità anziché la scuola; in secondo luogo, perché, se volessimo introdurre ancora i commissari esterni, si tratterebbe di tornare indietro. Io sono contrario in linea di principio all’esame di maturità, ma, se questo proprio deve esserci, almeno che non sia un momento di selezione in mano a persone che non conoscono gli studenti ed una prova del fuoco a cui lo studente viene costretto con un colpo solo in canna, ma un bilancio di un ciclo di studi fatto dagli stessi insegnanti che hanno avuto uno studente come allievo continuativamente.
Questo mi sembra più logico, più giusto, più equo nei confronti dell’intera popolazione studentesca.
Sul decreto in oggetto non ho molto da aggiungere a quanto già è stato sottolineato da chi mi ha preceduto, se non che si tratta di un provvedimento che corrisponde ad un fabbisogno che non era stato stimato tale quando sono entrate in vigore le normative che, appunto, hanno introdotto una commissione di esame ogni classe al posto di una commissione d’esame ogni due classi. La spesa prevista era di 40 milioni di euro nel 2002, poi portata a 68 milioni di euro dal decreto-legge n. 25 dell’ottobre 2002, a 84 milioni di euro nel 2003 e, oggi, a 103,151 milioni di euro per corrispondere al pregresso, al passato, cioè al 2006, agli esami che, di fatto, si stanno effettuando e ai commissari d’esame che in questo momento stanno svolgendo il loro compito in tutta Italia.
Si è obiettato che il reperimento di queste risorse va ad intaccare un punto nevralgico della normativa vigente, quello che riguarda i tutor dei docenti. Su questo punto vorremmo capire cosa pensa il Governo. Vorremmo cioè capire se intende abolire la figura dei tutor per i docenti, dal cui capitolo di spesa vengono sottratte le risorse. Infatti, queste risorse vengono reperite da tale capitolo di spesa per essere destinate alle finalità del provvedimento in esame, come ha giustamente sottolineato l’altro giorno l’onorevole Alba Sasso nella sua preziosa relazione in Commissione cultura. Resta dunque l’interrogativo di come finanziare questo capitolo di spesa, che prevede l’istituzione della figura dei tutor per i docenti, a meno che il Governo, attraverso il reperimento delle risorse per questo provvedimento proprio in quel capitolo di spesa, pensa invece di abolire per il futuro questa figura?
Questi sono gli interrogativi, a cui spero il Governo possa già da oggi fornire una qualche risposta. Queste sono le considerazioni che ho voluto svolgere a nome del mio gruppo, preannunciando peraltro sin da ora un nostro voto favorevole sul provvedimento in esame. Mi riservo naturalmente di tornare su questo argomento sia in Commissione cultura sia in Assemblea, quando la discussione si farà più completa attorno ai temi della riforma della scuola, e in particolare sulla posizione che il Governo vorrà assumere su questa complessa materia.
ESAME ARTICOLI
Mauro Del Bue
Signor Presidente, anche noi preannunciamo il nostro voto favorevole al provvedimento in esame. Il Governo compie il suo dovere e copre un fabbisogno riguardante i compensi da attribuire ai commissari per gli esami di maturità alla luce della riforma che ha introdotto, nel 2002, una commissione d’esame ogni classe, mentre la vecchia normativa istituiva una commissione d’esame ogni due classi, non prevedendo una copertura pari alle esigenze che comportava.
La minoranza, o alcune parti di essa, propone oggi un emendamento a mio giudizio costruttivo (annunciando comunque il voto favorevole al disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge in oggetto), che, riprendendo la fonte di finanziamento introdotta dal Governo nella posta di bilancio che finanzia l’istituzione del tutor, sposta il finanziamento nella parte corrente.
Poiché si tratta – ripeto – di un emendamento costruttivo, sarebbe interessante chiedere al Governo se, qualora giudicasse non condivisibile tale emendamento, le ragioni della non condivisione siano di natura tecnico-finanziaria oppure politica. Nel primo caso, sarebbe necessario che il Governo chiarisse bene queste ragioni tecnico-finanziarie alla Camera, mentre nel secondo caso sarebbe plausibile l’obiezione venuta da coloro che mi hanno preceduto, secondo i quali è intenzione del Governo e della maggioranza indebolire o addirittura sopprimere uno degli istituti fondamentali dell’attuale riforma della scuola voluta dal ministro Moratti, cioè l’istituto del tutor dei docenti.
Sarebbe interessante che su questo il Governo si esprimesse perché, qualora l’obiezione fosse di natura politica, allora, avrei una successiva domanda da sottoporre al Governo, qui rappresentato dal gentile sottosegretario, cioè, se intende, in questo modo, partendo dai tutor (o meglio, dall’indebolimento e poi dalla soppressione dell’istituto dei tutor), smantellare, attraverso la figura retorica più volte richiamata dal Presidente del Consiglio Romano Prodi, quella del “cacciavite”, la riforma della scuola: sarebbe a mio giudizio un metodo sbagliato.
Sarebbe preferibile, se la riforma Moratti è da riformare, che il Governo esprimesse non già, punto su punto, le sue obiezioni, bensì un progetto complessivo di riforma della scuola alternativo a questo.
Vorrei ora soffermarmi brevemente su tre questioni concrete, al di là del dibattito generale che si può introdurre anche attraverso questo decreto-legge (almeno per quanto riguarda l’eventuale obiezione del Governo e della maggioranza all’emendamento sottoposto all’attenzione della Camera da alcuni deputati della minoranza). Si parla delle commissioni per gli esami di maturità. Ebbene, ricordo, e ripeto quel che ho detto in sede di discussione generale, che in questi 20-30 anni, più che pensare ad una riforma organica della scuola, alcuni ministri hanno pensato ad una riforma dell’esame di maturità, per cui ci sono stati tre diversi modelli di commissioni d’esame: prima i membri erano tutti esterni con un commissario interno, poi sono diventati tutti interni con un presidente esterno. Adesso il ministro Fioroni ha annunciato, in occasione dell’audizione svolta presso la Commissione cultura della Camera, la sua volontà di procedere ad una riforma degli esami di maturità attraverso commissioni miste, cioè costituite in parte da personale interno e in parte da membri esterni. Mi chiedo però che senso abbia questo «aggrapparsi» sempre alla riforma degli esami di maturità, e non già a quella della scuola. Mi chiedo, in particolare, che senso abbia, se sia una proposta di sinistra, avanzata e progressista, quella volta a reintrodurre nelle commissioni per gli esami di maturità la figura dei commissari esterni, cioè, in sostanza, la concezione dell’esame di Stato come una “prova del fuoco” per lo studente e non già come il bilancio di un’intera annata, svolto da quei professori che lo hanno seguito annualmente nelle diverse discipline.
È un’idea che mi pare molto rivolta al passato – un deja vu – e, tutto sommato, conservatrice, così come mi pare molto poco di sinistra, poco avanzata e, tutto sommato, conservatrice anche l’idea di pensare di abolire la figura del tutor, che altro non è se non una forma di passaggio nel dialogo necessario fra i docenti e le famiglie degli studenti – com’è stato ricordato poco fa dall’onorevole Carlucci -, soprattutto di quelle meno abbienti. Come scriveva il pluricitato Don Milani, essendo queste famiglie più povere, esse hanno meno possibilità di conoscenza.
Dunque, è un atteggiamento che mi pare assolutamente fuori linea pensare ad una riforma degli esami di Stato nella quale si reintroducano i commissari esterni, concependo l’esame di Stato come un momento di analisi, come il giudizio di Dio, da parte di professori sconosciuti, dello studente e sopprimendo o indebolendo la figura del tutor; quest’ultimo – ripeto – altro non è se non un’opportunità fornita alle famiglie, in particolare a quelle più povere, che hanno minori possibilità di conoscenza.
Forse, e questo è il terzo aspetto che vorrei introdurre, si vuole procedere – come è stato già detto in sede di Commissione cultura dal ministro dell’Università e della ricerca, onorevole Mussi – con un procedimento, per quanto riguarda la scuola e l’università, definito “riformismo non dall’alto”. Non sono d’accordo neppure io- e così l’attuale maggioranza e il Governo – con il cosiddetto riformismo dall’alto.
A parte il fatto che le consultazioni vanno fatte sempre con qualsiasi categoria, non si capisce perché nel mondo della scuola si debbano fare e nei confronti di altre categorie no.
Ma, per quanto riguarda le categorie, una cosa sono le consultazioni – sempre plausibili e necessarie -, altra cosa sono le decisioni, che non possono sempre rispecchiare la volontà delle categorie direttamente interessate. Anche perché, in questo modo, anziché il riformismo dall’alto, avremo un Governo e una maggioranza che procedono con un conservatorismo dal basso, che è esattamente ciò che – da riformisti, da socialisti, da democratico-cristiani, che da sempre hanno attribuito alla scuola grande valenza – ci auguriamo che non sia (Applausi dei deputati del gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
DICHIARAZIONE DI VOTO
Signor Presidente, per quanto riguarda la mia dichiarazione di voto, mi richiamo a quanto dichiarato nella fase degli interventi sul complesso degli emendamenti.