Lontani i criminali dal calcio
Il governo intende procedere con un decreto per fronteggiare l’emergenza nel mondo del calcio e poi con un disegno di legge per indicare un modello di stadi e di gestione della sicurezza. Si tratta di misure, almeno ascoltando le anticipazioni del ministro Amato, largamente condivisibili. Oggi apriamo solo gli stadi a norma e sicuri (e allunghiamo il tempo della flagranza di reato) e domani diamo gli impianti in proprietà alle società e così pure la gestione della sicurezza, seguendo il modello inglese. Prendo atto con favore che il governo non ha ascoltato alcuni esponenti della sua maggioranza che lo invitavano ad una semplice disanima sociologica. Come se le responsabilità fossero del disagio sociale, o perfino, come è stato detto in quest’Aula, del buio (cioè delle partite notturne) o addirittura di Matarrese, che può aver tante colpe, ma non certo quella di suscitare la violenza negli stadi. Dobbiamo fissare un obiettivo chiaro: la lotta alla criminalità organizzata dentro e fuori dagli stadi. E purtroppo stiamo discutendo di questo a causa di due morti, Licursi e Racito, che coprono l’intera dimensione del mondo del calcio: dalla terza categoria alla serie A. E ci ammoniscono che niente può più essere come prima. Vorrei indicare due vie da percorrere per estirpare la violenza dal calcio. La prima riguarda l’integrale applicazione del Decreto Pisanu, che purtroppo non è stato attuato anche a causa di sollecitazioni contrarie che si sono riscontrate trasversalmente anche in quest’Aula. Oggi il Decreto Pisanu viene ulteriormente ampliato con la sospensione di tutte le deroghe (vedremo se il governo riuscirà a farla rispettare questa decisione) e di tutte le trasferte organizzate. Sapendo bene che la prima delle sospensioni metterà in forte difficoltà le società nel rapporto coi loro abbonati e la seconda può contenere il rischio di trasferte non organizzate, e non prevedibili, di tifosi al seguito. La seconda via è quella dell’approntamento di leggi specifiche per il mondo del calcio. Come avviene in Inghilterra dove, se un tifoso entra con un coltello in uno Stadio, viene immediatamente arrestato, mentre in Italia, al massimo, gli tolgono il coltello. Si applica da noi la norma ordinaria. E’ vero che se un cittadino gira con un’ arma in città non è penalmente perseguibile perché non è detto che il suo utilizzo comporti l’attuazione di un reato, ma è vero che se un tifoso entra con un’arma in uno stadio vuole compiere un reato. Si è introdotto in Inghilterra il reato “d’intenzione” o “di pericolo”, che porta alla condanna immediata a sei mesi di galera, che nessuna condizionale è in grado di estinguere. Perché non farlo anche da noi?
E aggiungiamo due cose: una sui cosiddetti biglietti nominali. Giusti, sacrosanti, esistono anche in Inghilterra, ma lì prima si sono eliminate le frange violente del tifo. In Italia i biglietti nominali sono stati introdotti per controllare il pubblico delle curve e non certo quello delle tribune. Ma se i tifosi delle curve stanno in piedi, ammassati e non regolarmente al posto che viene loro assegnato, a cosa servono i biglietti nominali? Ed è pensabile che laddove non vuole entrare la polizia, anche armata, per paura, entrino gli steward ad assicurare che i vari ultras siano al loro posto? Mi sembra davvero come mettere il carro davanti ai buoi. Ho sentito dire, da un esponente di Rifondazione comunista, che non tutti gli ultras sono uguali, che bisogna distinguere, che c’è anche del buono. E’ vero, sono d’accordo. Ma vorrei sentir dire da costoro nelle diverse interviste alle quali ormai si piegano, non solo che condannano genericamente la violenza, ma anche che sono pronti a denunciare qualsiasi persona del loro gruppo che compia atti di violenza. Invece, qui, prevale generalmente una logica di omertà e i rei vengo giudicati, come negli anni di piombo, dei “compagni che sbagliano”. “I diffidati “ nei loro slogan” sono sempre presenti”, infatti. Gli stadi italiani sono i più vuoti d’Europa e ieri tre giornalisti del “Corriere dello sport-Stadio” hanno fatto tre resoconti di tre partite estere (una disputata a Madrid, l’altra a Brema, e altra a Londra). Il comun denominatore dei tre stadi era il pubblico che gremiva gli impianti, la tolleranza zero e la mancanza del tifo violento. E’ ora di farla finita con atteggiamenti che sono oltre i confini delle legalità. E convincersi davvero che adesso è cominciata un’altra epoca e che domani davvero sarà un altro giorno. Eliminiamo le frange violente del tifo con leggi specifiche, prima di istituire gli steward. Basta coi morti, con la violenza, e anche col giustificazionismo, il pressapochismo e la passività.